"Qui passo gli anni, abbandonato, oscuro, senz'amor, senza vita; ed aspro a forza tra lo stuol de' malevoli divengo: qui di pietà mi spoglio e di virtudi, e sprezzator degli uomini divengo..." (G. Leopardi)

martedì 26 febbraio 2013

Guerra in Syria... Armi dai Balcani e interessi geopolitici

Oramai si combatte da molti mesi in Siria, chi ha ragione e chi ha torto?
La guerra in Syria si combatte tra una parte composta dalle truppe del regime di Bashar Al-Assad, leader che per alcuni si trova legittimamente al potere, per alcuni si tratta di un leader che tiene insieme un paese arretrato, per altri un criminale che detiene il potere con la forza. 
Dall'altra parte ci sono delle fazioni contrarie al regime di Al-Assad, che sui media internazionali rappresentano l'avvento della primavera araba e della voglia di democrazia, mentre per altri osservatori rappresentano movimenti estremisti islamici che nella migliore delle ipotesi, dopo aver sconfitto il regime, combatteranno tra di loro per accaparrarsi un potere più ampio possibile, dichiarandosi combattenti della Jihad, che sicuramente proclamerebbero la sharia, per la gioia di donne e di qualche disgraziato a cui non piace la barba lunga.Così è già successo in Afghanistan dopo la ritirata dell'Armata Rossa, così sta accadendo in Lybia dopo l'omicidio di Gheddafi, così vorrebbe il movimento Al-Shabaab in Somalia e il movimento Boko Haram in Nigeria.
In conclusione questi fautori della democrazia in Syria non li conosce nessuno e nessuno li vuole conoscere. Assumono un ruolo importante al momento in cui la Syria diventa strategica nell'equilibrio geopolitico.

Il fatto è che in Syria si continua a combattere perchè entrambe le parti hanno accesso a rifornimenti bellici:
L'articolo che segue è pubblicato su www.fides.org del 25.02.2013:

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SIRIA - "Si fermi l'invio di armi in Siria": appello di Gregorio III
Damasco (Agenzia Fides)-"Ci appelliamo al mondo intero perché si blocchi l'invio di armi in Siria". È l'appello lanciato, in una dichiarazione inviata all'Agenzia Fides da Sua Beatitudine il Patriarca greco cattolico Gregorio III Laham all'indomani delle esplosioni in un quartiere di Damasco.
Il documento ricorda che il 21 febbraio tre esplosioni successive nel quartiere Mazraa della capitale siriana hanno provocato 53 morti e 235 feriti e gravissimi danni materiali "in particolare ad una scuola e ad un ospedale".
"Chiediamo alla comunità internazionale e ai Paesi più importanti del mondo di sostenere la Siria negli sforzi di dialogo, per arrivare ad una soluzione diplomatica della crisi" afferma il Patriarca.
"Lanciamo dal profondo del nostro cuore, un grido alla coscienza del mondo interno, ai dirigenti degli Stati, in particolare dei Paesi arabi, e delle istituzioni internazionali, ai militanti pacifisti, a Sua Santità il Papa e agli Episcopati del mondo cristiano" continua il messaggio. "Li supplichiamo di ascoltare la nostra voce e le sofferenze del popolo siriano. Nessuno ha il diritto di discolparsi e di negare la sua responsabilità di fronte al massacro, alle distruzioni, alle esplosioni, alle violenze, né di fronte all'odio e al rancore tra i figli della stessa patria". 
Gregorio III Laham si rivolge infine a Stati Uniti e Russia perché "proseguono i loro sforzi sinceri per il dialogo ed una soluzione politica e globale" e "a Sua Santità il Papa e ai responsabili della Santa Sede Apostolica di Roma, perché lancino un'iniziativa diplomatica della Chiesa cattolica basata sulla sua influenza spirituale mondiale". (L.M.) (Agenzia Fides 25/2/2013)
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La domanda che ci dovremmo porre è: da dove arrivano queste armi? Come fanno ad arrivare in Syria? E soprattutto come fanno entrambe le parti a rifornirsi di armi e continuare a combattere senza sosta, nonostante la notevole attenzione dell'ONU e di tutte le superpotenze tra cui America e Russia in prima linea, ma anche Cina, Francia e Inghilterra?

In proposito una risposta si potrebbe trovare nell'articolo pubblicato da www.informarexresistere.fr il 25.02.2013:

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I ribelli siriani ricevono armi dal Kosovo e dalla Bosnia


Il sito Debka, vicino ai servizi segreti militari israeliani, conosce bene tutti i dettagli dei retroscena della politica regionale. Pochi giorni fa ha riferito in merito a una svolta fondamentale nello svolgersi degli eventi in Siria. Secondo gli israeliani, (1) gli estremisti siriani hanno ricevuto un carico di armi pesanti, per la prima volta da quando è iniziata la guerra. I mittenti sono i gruppi del Kosovo e della Repubblica di Bosnia-Erzegovina legati ad al-Qaida. Il pacchetto comprende sistemi anticarro Kornet e Fagot forniti dall’Unione Sovietica all’ex Jugoslavia in passato*. Le armi sono finite nelle mani degli estremisti a causa dei ben noti fatti di sangue. Per quanto riguarda le fonti d’intelligence israeliane, le armi pesanti sono state trasportate dai Balcani alla Siria via mare con l’aiuto della mafia albanese, che opera silenziosamente dietro queste operazioni… Ksenja Svetlova, esperta russa sul Medio Oriente, pensa che fluiscano le armi di contrabbando attraverso il confine tra Turchia e Siria, a dispetto che gli Amici della Siria, ufficialmente, evitino l’invio diretto di armi ai ribelli. (2)
Questa è la prima volta che le forze antigovernative in Siria ricevano un considerevole carico di armi pesanti aggirando il controllo delle agenzie speciali occidentali e arabe (le agenzie d’intelligence straniere hanno semplicemente ignorato la spedizione). La maggior parte delle armi viene inviata al Jabhat al-Nusra, un gruppo islamico legato ad al-Qaida. Dopo aver ricevuto le armi, i gruppi armati di Jabhat al-Nusra azzardano interventi in Libano impegnando Hezbollah nella roccaforte sciita della valle della Bekaa, cercando di farla finita con un alleato di Bashar Assad. Sono diventati abbastanza forti da lanciare offensive in alcune aree della Siria. Le azioni di combattimento vanno avanti con intense attività terroristiche, per esempio, un altro attentato sanguinario ha avuto luogo nel cuore di Damasco, nei pressi della sede del Baath, non lontano dall’ambasciata russa, provocando la morte di decine civili, tra cui molti bambini di una scuola vicina. Secondo le Nazioni Unite, almeno 70 mila persone hanno perso la vita in Siria, a seguito dello scontro tra le forze governative e i ribelli. Due colpi di mortaio sono esplosi nello stadio Tishreen di Damasco, quando gli atleti si stavano allenando. Secondo SANA, un giocatore della squadra di calcio Watbah è stato ucciso, e due suoi compagni sono rimasti feriti.
Gli eventi del Medio Oriente non sono ignorati nella parte musulmana dei Balcani. Le forniture di armi alla Siria non sono un’eccezione. Dopo aver messo a tacere i fucili lì, i movimenti e le organizzazioni radicali islamici hanno iniziato a svolgere le loro attività sotto copertura, ma oggi sono venute alla luce. Il motivo è che gli estremisti si sentivano a loro agio in Europa fino a quando non hanno iniziato a vietargli l’ingresso e la cittadinanza in molti Paesi del continente, spingendoli a recarsi in altri posti. (3) In passato al-Qaida ha sostenuto i suoi sodali in Kosovo e Bosnia, inviando veterani e armi. Ora vuole che i debiti siano pagati. Gli emissari di al-Qaida non hanno intenzione di ridurre le loro attività nei Balcani. Mentre infuriava la guerra in Bosnia-Erzegovina, circa duemila militanti provenienti dai Paesi arabi vi si recarono per gettarsi nella mischia. Alcuni di loro avevano legami diretti con Usama bin Ladin. Dopo la fine della guerra, a seguito degli accordi di Dayton, molti rimasero nel Paese e ne divennero cittadini. L’Arabia Saudita finanziò la moschea re Fahd di Sarajevo, che si crede sia la sede dei militanti wahhabiti. Atti terroristi vengono commessi dagli islamici nella Repubblica. Per esempio, il 23enne Mevlid Jasarevic, proveniva dalla Serbia, dalla regione meridionale del Sangiaccato, per sparare con il fucile presso l’ambasciata degli Stati Uniti di Sarajevo, ferendo gravemente un poliziotto. Una bomba è esplosa alla stazione di polizia del distretto di Bugojno, uccidendo un poliziotto e ferendone sei. Fu opera di un locale militante wahhabita.
Naturalmente, l’occidente è ben consapevole di tali attività. Un rapporto della NATO dedicato alle minacce islamiche in Europa, parla di un gruppo basato in Bosnia-Erzegovina denominato  Gioventù attiva islamica – AIY. I mujahidin bosniaci istruiscono al terrorismo i membri del gruppo, sulle tecniche di manipolazione degli esplosivi, per esempio. All’inizio di questo febbraio, radicali albanesi hanno dichiarato la costituzione del “Movimento islamico per l’Unità” o LISBA, considerato in occidente come il primo Partito davvero fondamentalista nei Balcani. Il partito è registrato e si sta preparando alle elezioni parlamentari del Kosovo. LISBA ha un leader pubblico, Arsim Krasniqi, anche se Fuad Ramiqi è ampiamente indicato come la figura dominante. È noto per essere legato alla rete fondamentalista musulmana europea guidata dall’islamista Tariq Ramadan, una celebrità mediatica, e dal predicatore dell’odio del Qatar Yusuf al-Qaradawi. Ha legami con il più moderato Partito dell’Azione Democratica SDA in Bosnia-Erzegovina, e con organizzazioni simili in Macedonia. Ramiqi ha protestato contro il divieto alle ragazze di portare il velo (hijab) nelle scuole pubbliche del Kosovo. (4)
Questa è solo la cima dell’iceberg. La radicalizzazione della popolazione in Kosovo è aggravata  dalla disoccupazione totale e dalla diffusa criminalità. L’auto-proclamata indipendenza del Kosovo, sostenuta dall’occidente, ha dato ben poco alla gente comune, non c’è da sorprendersi che sia vulnerabile alla propaganda islamista. Alcuni kosovari sono legati al contrabbando di armi, si comportano come istruttori sul loro uso in Siria, arricchendo la propria esperienza in combattimento. Flussi di droga già inondano l’Europa. In futuro, si potrà aggiungervi la riesportazione delle competenze belliche per difendere i diritti dei musulmani europei. La politica dell’occidente in Siria è miope. Perdendo il controllo sugli eventi in questo Paese, in realtà, offre rifugio ai terroristi, e si affaccia la prospettiva di far riversare in Europa un furioso terrorismo. I focolai dell’estremismo islamico, apparsi con la complicità dell’occidente nella ex Jugoslavia, vengono di nuovo scatenati dall’influenza degli eventi in Medio Oriente. L’Europa sembra essere minacciata da un grande incendio…

*Il missile anticarro Fagot è un’arma che risale al 1970, difficilmente costituirà un serio problema per i carri armati siriani, quasi tutti dotati di corazze reattive. Riguardo al missile Kornet, Debka sparge disinformazione, come al solito, poiché non è mai stato esportato in Jugoslavia, ma in Turchia sia. (NdT)
(1) Debka
(2) Zman
(3) Iimes.ru
(4) Weekly Standard
La ripubblicazione è gradita con riferimento alla rivista on-line della Strategic Culture Foundation.
Traduzione di Alessandro Lattanzio – SitoAurora
Tratto da:
I ribelli siriani ricevono armi dal Kosovo e dalla Bosnia | Informare per Resistere
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Trarre delle conclusioni ci porterebbe inevitabilmente ad affrontare un'analisi dai risvolti troppo ampi per poche righe. A quali paesi fa comodo il conflitto? A chi interessa l'avvento al potere di estremisti islamici camuffati da rivoluzionari? A chi fa comodo mantenere al potere Al-Assad?

Nel quadro geopolitico globale ogni paese ha i propri interessi: ogni superpotenza ha interesse a mantenere o stabilire le proprie aree di influenza, il proprio controllo sulle risorse, il controllo su governi allineati o non allineati.

Nello stesso contesto contano anche i criminali che dal traffico di armi traggono vantaggi economici e gli estremisti che vogliono una moschea in più e una chiesa in meno.

L'unica cosa che appare chiara è che la guerra che si combatte all'interno dei confini syriani, fa gli interessi strategici di molti altri paesi, oltre a fare la fortuna di altrettanti criminali senza scrupoli che trafficano e commerciano armi.
Altrettanto certo è che del popolo della Syria non interessa niente a nessuno, l'importante è che continui a combattere in modo che nessuna delle parti in lotta prevalga sull'altra.

venerdì 22 febbraio 2013

Quote of the day - Frase del giorno


La tirannia di un principe in un'oligarchia
non è pericolosa per il bene pubblico
quanto l'apatia del cittadino
in una democrazia.
Montesquiet


A proposito di elezioni....

domenica 10 febbraio 2013

La Repubblica delle Stragi Impunite


Un viaggio attraverso gli eventi sanguinosi che hanno afflitto l'Italia dal 1969 agli anni nostri.
Un quadro inquietante di delitti rimasti impuniti ma che sembrano avere un comune denominatore...
il coinvolgimento di apparati dello Stato, di istituzioni che anzi che proteggere sacrificano vittime ignare. Il coinvolgimento della criminalità organizzata nella politica, l'ingerenza di apparati stranieri e organizzazioni segrete per le quali le vite spezzate dagli attentati non sono che dettagli insignificanti in un disegno di mantenimento e condizionamento del potere.

Una triste realtà raccontata da un Giudice sulla base di fonti documentali e esperienza personale. 
Il libro non sembra voler provare ciò che decenni di processi ed inchieste non sono riusciti a provare ma riesce chiaramente ad identificare i motivi per cui la verità processuale, anche nei pochi casi in cui un verdetto è stato emesso, non corrisponde assolutamente  alla realtà dei fatti. 
Fatti tenuti nascosti dalle stesse istituzioni pubbliche, fatti i cui artefici sono riconducibili a cariche istituzionali e i cui mandanti si identificano in strutture massoniche e servizi stranieri.

Le tante stragi italiane ancora impunite, da Piazza Fontana alla strage di Capaci, le tante domande senza risposta e le tante responsabilità non attribuite ai veri colpevoli, i ragionevoli dubbi di quanti hanno tentato di arrivare alla verità, spesso a costo della loro stessa vita, fanno vacillare gli stessi principi democratici sanciti dalla Costituzione.

Una lettura che fa tristemente riflettere