"Qui passo gli anni, abbandonato, oscuro, senz'amor, senza vita; ed aspro a forza tra lo stuol de' malevoli divengo: qui di pietà mi spoglio e di virtudi, e sprezzator degli uomini divengo..." (G. Leopardi)

venerdì 30 marzo 2012

Iran, guerra rinviata...

L'articolo che segue è pubblicato sul sito www.prisonplanet.com

Sembra che la già ventilata guerra contro l'Iran architettata da USA e Israele, potrebbe essere più difficoltosa di quanto previsto, soprattutto in termini di vittime e di capacità militari dell'avversario.

Infatti come cita l'articolo: ..."Il piano di Israele di attaccare l'Iran è stato posticipato fino alla primavera del 2013 a seguito di una simulazione di guerra che ha dimostrato che l'Iran potrebbe uccidere 200 americani con un solo attacco missilistico..."

Forse l'Iran è già più forte di quanto si potesse pensare....
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Unsuccessful war simulation has given Israelis cold feet

Paul Joseph Watson
Prison Planet.com
Thursday, March 29, 2012

Israel’s plan to attack Iran has been postponed until spring 2013 following a war simulation that showed Iran could kill 200 Americans with a single missile strike, according to a report by senior Haaretz correspondent Amir Oren.

“At 8:58 P.M. on Tuesday, Israel’s 2012 war against Iran came to a quiet end. The capricious plans for a huge aerial attack were returned to the deep recesses of safes and hearts. The war may not have been canceled but it has certainly been postponed. For a while, at least, we can sound the all clear: It won’t happen this year. Until further notice, Israel Air Force Flight 007 will not be taking off,” writes Oren.

According to the report, a war simulation conducted by the U.S. Central Command found that an Israeli attack on Iran’s nuclear facilities would immediately be followed by an Iranian missile launch that would kill 200 Americans, a price deemed not worth paying by U.S. generals.

During the same meeting, Israeli Defense Minister Ehud Barak also acknowledged that Israel would not act alone in striking Iran before the U.S. presidential elections in November, according to Oren, meaning that, “For all intents and purposes, it was an announcement that this war was being postponed until at least the spring of 2013.”

A delay in launching the attack until next spring would scupper expectations that the military assault was set to take place before the end of this year, a time frame that Russia understood the Israelis were working to. Last month, Chief of the General Staff of the Russian Armed Forces Nikolai Makarov stated that an Israeli decision on whether or not to attack would be made before the summer.

In January, the U.S. cancelled a joint military exercise with Israel which was perceived by many as a sign that the Americans were getting cold feet.

Earlier this month it was also reported that Israel had “agreed to hold off a strike on Iran’s nuclear sites this year in exchange for receiving U.S. military equipment,” including bunker-busting bombs and refueling planes. The deal was seen as a tacit admission that the Obama administration would support Israel in launching the attack but only after the election in November.

If a decision has been made to postpone the attack, expect the United States to withdraw at least some of its naval might from the Persian Gulf. The U.S. currently has the USS Carl Vinson and the USS Abraham aircraft carriers patrolling the Strait of Hormuz, along with the USS Makin Island, a Wasp-class amphibious assault ship. Earlier this month it was announced that four additional mine countermeasure ships were also heading for the region.

As the Stratfor Naval Update map below illustrates, the USS Enterprise, which many speculated was also heading to the Strait of Hormuz in preparation for a strike on Iran, is now scheduled to visit Piraeus, Greece instead, suggesting a cooling of tensions could be taking place – at least for the time being.

mercoledì 28 marzo 2012

domenica 25 marzo 2012

Afghanistan, ucciso sergente italiano - CRONACA

Con il militare caduto ieri siamo arrivati a 50 morti in Afghanistan  tra le nostre truppe che vanno a combattere una guerra che non ci appartiene...
La missione in Afghanistan in supporto della causa americana, una guerra fortemente voluta dagli USA per creare l'ennesimo avamposto sulla Russia e per controllare i flussi energetici, strategici nella zona, sta causando più vittime di quante qualsiasi governo in Italia potesse prevedere.

Perché tutta questa smania di combattere la causa dell'amico alleato americano? Che cosa c'entriamo noi con l'Afghanistan? Siamo forse in grado di controllare almeno una parte del suo territorio in modo da favorire la vita civile locale? 
Mi sembra di no! 
Ci sono risorse da sfruttare e che ci servono, in stile di Sarkozy in Libya?
A meno che non ci servano delle pietre o qualche tappeto, anche questo aspetto è da escludere.
Stiamo riuscendo a combattere il traffico di eroina verso il nostro paese e verso l'Europa?
No, e l'export di droga dall'Afghanistan non  conosce cali, anzi!

Troppe sarebbero le domande le cui risposte sono più che mai scontate. Il fatto vero è che l'Italia... la guerra non la potrebbe fare, così è scritto nella Costituzione. Se poi vogliamo chiamare la guerra... "Missione di pace"... facciamolo pure, ma questa definizione si incastra male con la situazione afghana dove i nostri soldati muoiono davvero... 

Come per la guerra, definiamo pure la morte con il nome che più aggrada l'opinione pubblica... ma sempre di morte si tratta...
Max
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Afghanistan, ucciso sergente italiano - CRONACA
Un attacco a colpi di mortaio a una base italiana in Afghanistan che ha provocato un morto e cinque feriti, due dei quali in condizioni critiche, uno in particolare (una soldatessa) gravissimo. La vittima è il sergente Michele Silvestri, 33 anni, originario di Monte di Procida, in provincia di Napoli. Era sposato, e aveva un bambino piccolo. In servizio presso il 21/o reggimento Genio Guastatori di Caserta - era arrivato solo da 10 giorni in Afghanistan. Si trattava della sua sesta missione militare all'estero. Il suo primo impegno oltreconfine fu in Kosovo, successivamente era stato in Iraq e più volte in Afghanistan. Continua...


Article from: www.Lettera43.it

sabato 24 marzo 2012

LA POETESSA DINA FERRI

Dina Ferri nasce a Radicondoli (SI) il 29 Settembre del 1908 da una famiglia contadina. Subito dopo la nascita di Dina, la famiglia trasferisce a Ciciano, nel Comune di Chiusdino (SI). 


Ancora bambina Dina Ferri fu mandata dagli indigenti genitori ad occuparsi del gregge. Solo all'età di nove anni riusci a frequentare le prime classi elementari presso la scuola del paese, per essere poi mandata nuovamente ad occuparsi del gregge. 

Riprese la scuola nel 1924 a Chiusdino, dopo un grave infortunio ad una mano che le costò tre dita ma che convinse i genitori a rimandarla a scuola.

Fu notata per i suoi scritti dall'Ispettore Scolastico che convinse i genitori a farle continuare gli studi. Fu così che grazie ad un sussidio/borsa di studio della Banca Monte dei Paschi di Siena, Dina Ferri si trasferì a Siena nel 1927, per frequentare l'Istituto Magistrare.

Monumeto a Dina Ferri.
Radicondoli (SI)

Durante il felice periodo di studi divenne presto nota per le sue poesie che immediatamente ebbero una notevole diffusione.


Dina Ferri fu colpita da un forte attacco di influenza che dopo alcuni mesi di agonia, la portò alla morte il 18 Giugno del 1930 all'età di soli 22 anni. 


Durante la sua breve vita, Dina Ferri era solita portare con se un piccolo quaderno dove annotava i suoi pensieri in poesia. Il quaderno che ella stessa chiamava "Quaderno del Nulla" fu pubblicato con lo stesso titolo nel 1931.
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MET - LIBRI: LA PARABOLA DELLA POETESSA FERRI ESALTA LA SCRITTURA FEMMINILE

Presentato in Consiglio regionale il volume “Dina Ferri e altre scrittrici toscane tra Ottocento e Novecento”, curato da Montagnani, che raccoglie gli atti di un convegno
“Un libro che rende omaggio non solo alla Ferri, ma alla scrittura femminile in generale, ed a tutte le scrittrici e poetesse che sono trattate in questo volume di Montagnani”. Così Daniela Lastri, consigliera segretaria dell’Ufficio di presidenza dell’Assemblea regionale, ha parlato del volume “Dina Ferri e altre scrittrici toscane tra Ottocento e Novecento”, Sef Editore, curato da Daniele Montagnani, che raccoglie gli atti di un convegno che ha celebrato la figura di Dina Ferri, esemplare figura di poetessa vissuta nei primi anni del Novecento, e di altre scrittrici toscane di quel periodo: Anna Banti, Grazia Livi, Luisa Adorno, Anna Franchi, Vittoria Contini Bonaccosi, Cristina Campo, Leda Rafanelli, Helle Busacca e Magdalen Nabb. 

“La presentazione di questo libro è l’occasione per dare valore all’intenso lavoro messo in atto e per dare forza, oltre che voce e visibilità, a donne che furono anche scrittrici o poetesse e che per troppo tempo sono state ignorate dalla critica ufficiale e quindi sono rimaste nell’ombra”, ha aggiunto la Lastri. Che ha chiosato: “Invece queste hanno dato un contributo importante alla crescita della consapevolezza femminile. Attraverso la loro valorizzazione e il loro ricordo si rende omaggio a tutte le donne che rimangono escluse dal riconoscimento sociale”. 

Alla presentazione del volume, oltre alla Lastri e al curatore Montagnani, sono intervenuti la presidente Luciana Bartaletti dei Comuni della Val di Merse, Andrea Conti della Biblioteca del Comune di Chiusdino e la docente Anna Scattigno dell’università di Firenze. 

La figura su cui si è incentrato l’evento odierno è stata tuttavia quella della Ferri. Nata in una famiglia di poveri contadini, poté studiare solo grazie a un sussidio del Monte dei Paschi e per questo si trasferì a Siena. Il suo talento fu scoperto dal critico Aldo Lusini che fece pubblicare alcune poesie da lei composte. La ragazza ottenne una certa notorietà. Nel 1929 fu promossa alle Magistrali superiori. Ma un grave attacco d’influenza, nell’inverno di quell’anno, scosse la sua salute. E nel giugno del 1930, a soli 22 anni, si spense a Siena. Il suo nome era comunque entrato nella storia della poesia italiana contemporanea. (mc) 

23/03/2012 19.18
Regione Toscana

giovedì 22 marzo 2012

Somalia: violenti scontri nel sud, migliaia in fuga - Ticinonews

Ci sono luoghi nel mondo dove la guerra non finisce mai e dove i popoli vivono in un eterno esodo e in condizioni di terrore.
Ci sono luoghi come la Somalia dove l'aspettativa di vita di un  neonato non supera i 5 anni... 

Ci sono luoghi dove la guerra si combatte nella più completa indifferenza di chi avrebbe gli strumenti per fermarla, ma soprattutto avrebbe il dovere morale di salvare migliaia di vite umane.
In Somalia si muore non solo di fame ma decine di persone ogni giorno muoiono a causa di una guerra mai dichiarata....
Max


Ticinonews - Somalia: violenti scontri nel sud, migliaia in fuga


Migliaia di persone sono in fuga da Gedo, regione sud occidentale della Somalia, a causa dei feroci scontri tra le milizie di al Shabaab e l'esercito governativo sostenuto dai militari kenyani. Mohamed Abdi Kaliil, governatore della regione, ha riferito ai media locali che sono centinaia le famiglie costrette a fuggire dalle loro abitazioni: migliaia di sfollati che hanno "disperato bisogno di una casa, assistenza sanitaria, acqua e cibo", ha detto Kaliil.


Intanto i combattimenti hanno interrotto qualsiasi comunicazione commerciale con la capitale Mogadiscio, mentre almeno dieci centri sanitari della regione hanno chiuso a causa del conflitto, tra cui l'importante presidio di Garbaharey, distrutto da una bomba, dove sono curati gli ammalati di tubercolosi, come conferma Adan Hashi Abdi, amministratore della struttura.
ATS 

Serbia in NATO would represent threat to Russia

Ancora toni pacati ma qualche cosa si muove. Quando "il troppo stroppia" è normale che qualcuno inizi ad affermare le proprie posizioni, nessuna minaccia, solamente affermazioni basate sui fatti e nel caso specifico sul Diritto Internazionale.

La posizione della Russia riguardo ai Balcani è sempre stata chiara, il rapporto tra Russia e Serbia anche, consolidato da anni di storia comune.

Il modo maldestro della Comunità Europea di interessarsi della Serbia può essere tollerato perché non rappresenta di per se una minaccia. Al contrario l'insinuarsi della NATO costituirebbe una minaccia per chiunque non ne faccia parte, soprattutto per la Russia non deve essere piacevole essere accerchiata dai missili dell'alleanza.

In fin dei conti nessuno vorrebbe vivere in casa propria con un missile altri perennemente puntato nel proprio giardino.

Rimane poi la questione Kosovo e l'ambasciatore russo a Belgrado ci tiene tra l'altro a ribadire la validità indiscussa della Risoluzione 1244 dell'ONU che ribadiva, se mai ce ne fosse stato bisogno, l'integrità territoriale della Serbia.
Max
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B92 TV | SREDA 30.03.2011 | 17:27

"Serbia in NATO would represent threat to Russia"
SOURCE: DANAS/JOURNALIST: JELENA TASIĆ

Russian Ambassador to Serbia Aleksandr Vasilyevich Konuzin told Belgrade-based daily Danas in an interview that Russian Prime Minister Vladimir Putin’s visit last week had "completely met the principal expectations".

Konuzin and Putin in Belgrade last week (Tanjug)

It went in an atmosphere of close friendship and talks about trade and economic cooperation were very concrete and pragmatic, said the diplomat.

According to the Russian ambassador, Putin did not talk about relations between official Belgrade and NATO with Serbian President Boris Tadić and Prime Minister Mirko Cvetković. The issue, as he said, was launched by heads of parliamentary groups in the Serbian parliament who showed Putin that they were not united in their stance regarding the possibility of Serbia joining the western military alliance.

“In that situation, Prime Minister Putin clearly presented the Russian position – Serbs should solve the issue by themselves, but Russia thinks that it is necessary to present its opinion about NATO's expansion, which is jeopardizing its security.”

Stating a concrete example, he said that nobody asked small countries in the NATO for their opinion, but that that instead decisions were made which these countries then had to fulfill.

“Any possible decision about missile deployment in Serbia’s territory would be a threat to Russia’s security and Russia would be forced to take military actions in order to remove that military threat. Those measures would not be aimed against Serbia but against the missiles,” the Russian ambassador explained.

Q: Is this statement of Prime Minister Putin a “warning” to the Serbian authorities?

A: Serbia has the right to join any organization. We will respect the decision you make on your own, but we are counting on Belgrade to respectfully approach our thoughts that NATO's accession would pose a threat to Russia’s security. I personally think that it is necessary to explain to Serbia what would happen if there was a threat to Russia’s security from its territory. We have been cooperating for 800 years and such a question never appeared. On the contrary, we fought wars against joint enemies and it is not quite clear for what reason weapons pointed against Russia could be deployed in Serbia.”

Q: The NATO forces in Kosovo and Metohija are effectively already in a part of the Serbian territory. How does Moscow assess their presence after Kosovo’s self-proclaimed independence?

A: The Kosovo territory is a part of Serbia in accordance with the UN Security Council Resolution 1244. NATO's military base is there despite Belgrade’s wishes. This means contrary to international law, and unlawfully. Russia sees it that way.

Q: Does Moscow intend to get involved in the Belgrade-Priština negotiations in Brussels, bearing in mind announcements about involvement of the U.S. representatives?

A: The Russian side has confirmed its principal support to Serbia regarding Kosovo. Serbia should determine its position regarding the issue by itself. We have supported the beginning of the negotiations between Belgrade and Priština and we are monitoring their course very carefully. We have noticed that they are not going the way it was determined in the UN General Assembly’s resolution from September 9, 2010 and we are not ready to join the negotiations at the moment.

Q: According to Putin, the Russian Federation is not worried about Serbia’s European integrations as long as this does not affect the Russian-Serbian relations. What is the “line” at which Moscow would become worried?

A: The line is clear. Relations with the EU should not be developed to the detriment of the centuries-long ties with Russia. We always point out that relations with Russia or the EU should not be represented as an alternative. It is necessary and possible to develop mutually useful relations both with Moscow and Brussels, because it would be better if there were more projects that would be in all three sides’ interest.

Q: What are Russia’s main strategic interests in the Balkans, and what will the announced signing of the Serbian-Russian strategic partnership agreement mean in that sense?

A: The Balkans is a region in which Russia has its historical interests. Slavic people close to us live there, which is why Russian volunteers and soldiers participated in the wars for their independence. Geographically, this region is a place through which Russia is maintaining contacts with other European peoples. We are interested in using this region, for example by building South Stream in order to export gas to Europe. We think that those are completely legitimate interests, especially since they coincide with the interests of Balkan peoples and other European sides. Serbia is one of the closest Russian partners and allies among the countries in the Balkans. We are interested in developing relations in all fields in the long run, which is why Russia came up with the initiative to harmonize the strategic partnership declaration. The main course of our future political, security, economic, cultural and military cooperation and cooperation in the field of education and other fields are outlined. We are very pleased that the Serbian side has responded to our initiative with great readiness. The declaration has already been harmonized and it will be signed during President Boris Tadić’s upcoming visit.

Q: Belgrade media claim that the economic package that the Russian Federation set aside for Serbia is worth USD 10bn. What will be realized first?

A: I don’t know where the information about USD 10bn came from. The number was not mentioned during the talks, because there are no developed, concrete projects to that sum. The work on existing projects continues. USD 500mn will be invested in NIS (Oil Industry of Serbia) this year. Lukoil’s investment plan and investments in (Hydroelectric Power Plant) Đerdap 1 continue. Galenika (Pharmaceuticals) is starting to build a new facility in the Kalushka region. As far as other projects are concerned, experts are still negotiating that. Both sides have pointed out that the Russian loan worth USD 800mn cannot be used yet. I will personally help its realization. These are several projects connected to Serbian Railways, such as the Valjevo-Loznica section, the Zemun station, the Belgrade-Pančevo part. The problem is that the projects are not completely technically prepared. Once they are finished, the contracts will be signed and the financing will start after that.

Q: Regardless of the fact that the focus of the visit was on economic relations, was the Prime Minister Putin’s visit a political support to President Tadić?

A: Russia is not interfering with your country’s internal issues and we see our relations within the cooperation between Russia and Serbia, and specifically with the government that is currently in power. This is exactly the strength of our ties – they do not depend on specific circumstances of the country’s internal development. Russia and Serbia consider each other to be very friendly partners and they are making plans for long-term cooperation cooperation.

martedì 20 marzo 2012

Gallo Narciso

Era proprio un bel galletto, tutto rosso e impettito, padrone del pollaio e sempre attento al gregge. 

Propenso più all'amore che alla guerra, era però sempre attento ad eventuali insidie, se pur rispettoso e docile con gli portava il cibo. 

Era un galletto... ma tanto bravo e intelligente; capiva chi gli faceva del bene e stava lontano da chi invece era una minaccia.

Sempre attento e generoso nei doveri coniugali, narciso e vanitoso era il re indiscusso del cortile.



Lontano da pensieri di lotte e di battaglie, fatale a lui fu quella notte sfortunata, quando una bestia furtiva e feroce, la faina assetata di sangue, guadagnò l'ingresso del cortile (eludendo il cane attento, estromesso e inerme per via della recinzione), seminando il panico nell'harem del galletto.


Dura fu l'impari battaglia e di sicuro cara vendette la pelle prima di soccombere all'infausto predatore. 

Del suo numeroso gregge poche amate sopravvissero e grazie a lui, che generosamente la pelle sacrificò all'ingrato destino, esse, oggi nel cortile, continuano a beccare.

domenica 18 marzo 2012

SUDAN - Monti Nuba: troppi feriti di guerra... un unico ospedale...

Recentemente la situazione della Syria sta destando molto interesse da parte dei media e di conseguenza molto sconcerto nell'opinione pubblica mondiale. Recentemente si è sconfinato addirittura nel gossip insinuando possibili rapporti amorosi, extra-coniugali da parte del leader Bashar Al-Assad. 

Ogni scusa sarebbe buona per entrare a "quattro mani" negli affari interni della Syria. Basterebbe anche quella risoluzione ONU scongiurata da RUssia e Cina per avallare un intervento arbitrario, che di sicuro si concretizzerebbe con l'ennesima guerra di ingerenza, così come successo in Libya.

Comunque vadano le cose, la macchina dell'informazione si sta muovendo nella direzione di abbattere la credibilità di Al-Assad. La distinzione tra buoni è cattivi è già stata decisa a priori, Al-Assad è il cattivo, i ribelli sono i buoni, adesso manca solo di convincere più gente possibile, nel mondo, dopodiché ogni ingerenza armata sarà completamente legittimata, in previsione, prima o poi, di annientare il principale nemico mediorientale: l'Iran. 

Le zone di influenza in Medioriente continuano a destare preoccupazioni nei principali paesi occidentali, il rischio dell'ascesa di altre potenze nucleari, fuori dall'influenza occidentale crea ulteriore agitazione, soprattutto nel governo israeliano, la cui legittimità potrebbe di colpo essere rimessa in discussione da qualche leader fondamentalista islamico, armato di bombe atomiche.

Brutto scenario! Come non concordare?
Ciò che manca completamente è una motivazione disinteressata da parte dei paesi occidentali, che li autorizzi a mettere mano, per l'ennesima volta, alle questioni mediorientali.

Petrolio, risorse, influenza strategica e politica, non autorizzano nessuno a "farsi gli affari del prossimo". Intendo dire che la scusa di portare la democrazia a popolazioni oppresse, è oramai una scusa anacronistica, dopo la Libya, l'Iraq e l'Afghanistan non ci crede più nessuno.

Nel frattempo ci sono paesi avrebbero veramente bisogno di aiuto disinteressato ed umanitario, un esempio per tutti è costituito dal Sudan e dal nuovo stato del Sud Sudan.

Al confine tra questi due paesi è in atto una vera guerra che, mascherata a dovere per guerra tra religioni diverse, o guerra tra tribù diverse, altro non è che un conflitto per il controllo sul petrolio di cui la zona di confine è ricca.

Purtroppo la guerra tra Sudan e Sud Sudan non è contemplata dai mass media, soprattutto quelli italiani, quindi l'opinione pubblica non si schiera né a favore né contro, semplicemente non né sa nulla.

Rimanendo un segreto neanche l'ONU, che invece dovrebbe, considera il Sudan una priorità. Come dire: "occhio non vede, cuore non duole".

"Va quindi da se" che in Sudan la gente continua a morire per la sete di petrolio di governanti già dichiarati criminali nei confronti dell'umanità... e chi moralmente sarebbe obbligato ad intervenire... non lo fa.
Max
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AFRICA/SUDAN - Monti Nuba: troppi feriti di guerra mettono a dura prova il personale dell'unico ospedale della zona

Khartoum (Agenzia Fides) - La guerra che sconvolge i Monti Nuba dal giugno 2011 sta mettendo in seria crisi la capacità del locale ospedale di prendersi cura delle vittime, colpite dai proiettili e dalla schegge delle bombe. Tra queste vi sono diversi bambini che hanno perso gli arti. Lo afferma il sito di Sudan Catholic Radio Network. Un infermiere afferma che solo nell'ultima settimana nella struttura sanitaria sono state assistite 220 persone ferite da colpi di armi da fuoco e dalle bombe sganciate dagli aerei sudanesi. Un medico afferma che la guerra sta comportando un carico di lavoro eccessivo per la struttura ospedaliera. Il professionista rivela che solo nell'ultimo mese ha effettuato 70 interventi chirurgici. I Monti Nuba si trovano nel Sud Kordofan, Stato del Sudan, al confine con il sud Sudan, dove i ribelli del Movimento di Liberazione del Popolo Sudanese-Nord (SPLM-N) si battono contro l'esercito di Khartoum. (L.M.) (Agenzia Fides 16/3/2012)

Article from: www.fides.org

mercoledì 14 marzo 2012

lunedì 12 marzo 2012

AFGHANISTAN - Limitare i diritti delle donne

Quella che segue è veramente una notizia sconcertante. Il governo afgano di Karzai, che tutti noi abbiamo tanto voluto perché improntato su principi democratici, di uguaglianza e sul miglioramento della condizione della donna, ha in questi giorni, avallato una proposta di legge che limita i diritti delle donne, una legge fortemente improntata sui dettami della "Sharia".

C'è da dire che la facciata americana per giustificare la guerra in Afghanistan era fortemente improntata sul risalto mediatico della condizione della donna e il burka. Portare più uguaglianza di diritti tra uomini e donne,  era addirittura tra gli obbiettivi fittizi per mantenere una presenza militare forte dopo la "guerra di pace" scatenata dalla rabbia per l'11 Settembre 

Con questa nuova legge si segna un definitivo passo indietro. I nostri soldati che sono in Afghanistan convinti di avere uno scopo nobile e utile, ovvero di portare la pace, la democrazia e il rispetto dei diritti fondamentali per tutti, saranno certamente delusi; così come dovrebbe essere delusa la nostra classe politica, chiedendosi che scopo continui ad avere la nostra presenza in Afghanistan, a parte gli obblighi diplomatici con gli alleati.
Max
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Kabul (Agenzia Fides) - Il governo afgano del presidente Hamid Karzai ha dato sostegno pubblico a un "Codice di comportamento" che limita i diritti delle donne, emanato dall'influente Consiglio degli Ulema, organismo che riunisce i principali leader islamici afgani. Come afferma una nota inviata a Fides dalla "Human Rights and Democracy Organisation", Ong della società civile afgana, questo passo è una concessione alla sharia (la legge islamica) e ai talebani, è "un enorme passo indietro" sul tema dei diritti femminili e rappresenta una violazione della stessa Costituzione afgana, che sancisce la parità tra uomo e donna. 
Il Codice consente ai mariti, in alcuni casi, di malmenare le mogli, e incoraggia la segregazione di genere, riportando quasi le donne afgane all'epoca del regime dei talebani. Il testo indica una serie di linee guida che "le donne religiose dovrebbero osservare volontariamente": le donne non sono autorizzate a viaggiare senza essere accompagnate da un uomo e non possono parlare con sconosciuti in luoghi quali scuole, mercati e uffici. Picchiare la propria moglie - afferma il testo - è vietato solo "nel caso questo gesto non sia compiuto in conformità con la sharia".
Secondo gli osservatori, l'appoggio pubblicamente espresso dal Presidente Karzai su tali norme potrebbe essere una mossa per ottenere il sostegno politico degli Ulema nelle delicate trattative con i talebani. Fatana Ishaq Gailani, fondatrice dell'Ong "Afghanistan Women's Council", commenta: "I diritti delle donne sono stati usati come merce di scambio in un gioco politico", aggiungendo: "vogliamo un islam giusto, non un islam politico". (PA) (Agenzia Fides 8/3/2012)


domenica 11 marzo 2012

Somalia: si teme una nuova ondata di siccità

La carestia che ha devastato la Somalia fino a qualche mese fa e che ora sembra risolta, potrebbe essere seguita da un nuovo periodo di carestia "pronosticato" sin da ora. Potrebbe verificarsi o no, ma se ne parla come una eventualità plausibile. Non dimentichiamo che il numero di sfollati a causa della carestia (e dei combattimenti tra forze governative, AMISOM e terroristi islamici) è ancora altissimo, nonostante se ne parli molto meno sui media,
Inoltre buona parte degli degli sfollati si trova proprio in zone che potrebbero essere colpite dalla nuova ondata di siccità. 

Visto che già si parla di siccità probabile nel prossimo futuro e che si tratta di un evento probabile, vediamo se tra tutte le ONG e le agenzie ONU che avrebbero come unico scopo quello di aiutare le popolazioni civili colpite da tali fenomeni, riusciranno a non essere presi di sorpresa come al solito e ad essere quel tanto che basta "proactive", in modo da evitare la morte di migliaia di persone (molti dei quali bambini) come di solito succede.
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AFRICA/SOMALIA - Allarme di Caritas Somalia: si tema una nuova ondata di siccità nel Corno d'Africa e un forte afflusso di sfollati dal Corridoio di Afgoye

Mogadiscio (Agenzia Fides) - Secondo i meteorologi, esiste una forte probabilità di una nuova ondata di siccità nel Corno d'Africa. Lo afferma l'ottavo Situational Report di Caritas Somalia, inviato all'Agenzia Fides. I Paesi che potrebbero essere interessati dal fenomeno sono Somalia, Gibuti, il nord del Kenya e la parte sud-orientale e nord-orientale dell'Etiopia. I climatologi dell'IGAD (Intergovernamental Authority on Development) hanno messo in guardia le ONG e i governi locali per iniziare a prepararsi fin da ora ad affrontare la nuova possibile crisi. Tuttavia, altri esperti sostengono che è troppo presto per conoscere l'andamento delle piogge Gu, che cadono da aprile a giugno, e che sono le più importanti al fine di garantire un buon raccolto.
"In questo momento - afferma il rapporto - tutte le aree della Somalia non sono più in situazione di carestia, grazie al miglioramento dei 'raccolti Deyr' (le piogge che cadono da ottobre a novembre). Rimangono ancora in emergenza solo alcune aree incluse le aree fluviali di Juba e del Medio Shabelle". Tuttavia la situazione rimane precaria e qualsiasi cambiamento nei livelli di assistenza umanitaria, l'aumento della siccità o le attività militari può accrescere all'improvviso il numero degli sfollati. Secondo la Caritas, nel solo mese di febbraio 62.000 somali sono stati costretti a sfollare, due terzi dei quali a causa dell'insicurezza. 
Si teme un forte afflusso di sfollati interni dal corridoio di Afgoye a causa dell'aumento dell'insicurezza. Si prevede infatti che gli Al Shabaab e le truppe africane dell'AMISOM e del governo di transizione somalo potrebbero combattere per il controllo di quest'area, che ospita l'insediamento di sfollati più grande all'interno della Somalia. In caso di conflitto più di 270.000 sfollati interni potrebbe fuggire dal corridoio di Afgoye verso la capitale.
La rete della Caritas continua ad operare sia in Somalia che nei Paesi vicini fornendo assistenza alle popolazioni, agli sfollati ed ai rifugiati. Sua Ecc. Mons. Giorgio Bertin, Vescovo di Gibuti, Amministratore Apostolico di Mogadiscio e Presidente di Caritas Somalia, si è recato negli Stati Uniti dove ha incontrato una delegazione di alto livello del Congresso e i rappresentanti delle Nazioni Unite. Egli ha chiesto un maggiore impegno diplomatico e politico per ricreare uno Stato in Somalia e pervenire ad una pace duratura. Mons. Bertin ha poi preso parte alla riunione a Roma di Caritas Internationalis sull'emergenza nel Corno d'Africa e a Nairobi ad un'incontro di coordinamento tra le Caritas attive nell'area. (L.M.) (Agenzia Fides 9/3/2012)


giovedì 8 marzo 2012

SUDAN Ancora crimini contro l'umanità come in Darfur

Massacri che continuano oramai da troppo tempo, portati avanti con armi prodotte tra gli altri anche in Russia e negli Stati Uniti.

Perché le Nazioni Unite non prendono una decisione e si muovono in difesa delle popolazioni del Sudan?
Perché in Libya si è deciso di sovvertire l'ordine costituito quando le cose andavano cento volte meglio che in Sudan? Mentre in Sudan tutta la comunità internazionale fa finta di niente? 

Dov'è Sarkozy? Il paladino dei diritti umani del popolo libico? Perché non si fa promotore anche dei diritti dei poveri sudanesi? Sarà mica perché in Sudan il petrolio è già gestito da altri?

Ma guardiamoci in faccia una buona volta e diciamo le cose come stanno veramente! Dei sudanesi non importa un "fico secco" a nessun governo. Del Sudan interessa a molti, chi estrae petrolio, chi vende armi, chi ha qualche altro interesse economico, ma dei sudanesi non importa nulla a nessuno.

Il dittatore del Sudan, Omar Hassan Elbashir è accusato di crimini di guerra ma nessuno intende catturarlo per processarlo, le Nazioni Unite sono estremamente inefficaci nel loro operato, non c'è nessuna attenzione mediatica alla situazione del Sudan e quindi nessun interesse dell'opinione pubblica. 

Ad oggi il confine tra Sudan e Sud Sudan è sicuramente il posto dove nessuno vorrebbe trovarsi.
Max
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AFRICA/SUDAN - Nelle Montagne Nuba commessi crimini contro l'umanità come in Darfur

Khartoum (Agenzia Fides)- Nella Montagne Nuba si stanno commettendo lo stesso genere di crimini contro l'umanità riscontrati nel Darfur. Lo ha affermato a Juba, capitale del Sud Sudan, Makesh Kapila, ex capo dell'UNDP (Programma ONU di Sviluppo) in Sudan, che ha guidato una delegazione di Aegis (una ONG britannica che si occupa di prevenire in crimini contro l'umanità) che ha visitato il campo di rifugiati di Yida, nello Stato di Unità (Sud Sudan) ed alcune aree delle Montagne Nuba. Il campo accoglie i rifugiati provenienti dalle Montagne Nuba, nel Sud Kordofan, lo Stato del Sudan, dove violenti combattimenti oppongono le truppe di Khartoum e quelle del Movimento di Liberazione del Popolo Sudanese- Nord (SPLM-N). 
Secondo Kapila nelle Montagne Nuba le truppe sudanesi stanno commettendo lo stesso genere di crimini contro i civili commessi nel Darfur (nell'ovest del Sudan), ma su una scala più vasta.
Secondo il responsabile dell'ONG la guerra nella regione ha colpito 1,2 milioni di civili. Di questi 300.000 sono stati costretti alla fuga, mentre la produzione agricola locale è crollata ed è in grado di supplire solo al 25% dei bisogni della popolazione.
Kapila ha lanciato un appello alla comunità internazionale perché intervenga a fermare il conflitto, imponendo una zona di non sorvolo agli aerei militari, ed ha invitato i Paesi che forniscono armi al Sudan di bloccare nuove forniture belliche all'esercito di Khartoum. Secondo Kapila le forze sudanesi usano armi ed equipaggiamenti provenienti da Iran, Cina, Ucraina, Russia e Stati Uniti. (L.M.) (Agenzia Fides 6/3/2012)


martedì 6 marzo 2012

Nonna Gina

E così inaspettatamente si compie il mistero dell'esistenza. 

86 anni, 86 lunghi anni costellati di tante esperienze, tanti ricordi e tanti momenti. 
Poi d’un tratto il corpo che ci ha condotto attraverso la vita, gradualmente si stanca, piano piano rallenta e ci dice che il momento si avvicina. 
Arriva poi un istante in cui ci si addormenta come tutte le sere ma non ci si sveglia più come avveniva tutte le mattine, ci si addormenta esalando quell'ultimo respiro, un fiato di commiato dalla vita, dalle sofferenze ma anche da tanti momenti felici. 
86 anni non è una vita breve, è una vita da persona fortunata. Nonostante tutto rimane il vuoto in chi resta. Resta quella poltrona vuota, un plaid piegato e oramai inutile, un cuscino sopra la poltrona. 
La morte del corpo è sinonimo di cambiamento, cambiamento per chi va ma anche cambiamento per chi resta a contemplare il mistero della vita e della morte, attraverso il ricordo di chi ci ha preceduto nel compimento del grande passo. 
Oggi nonna Gina, 86 anni, ha compiuto il grande passo, l’ha compiuto in silenzio, dopo essersi addormentata, ha preso il volo senza soffrire e senza avvisare. 
Per quanto ci si possa preparare al distacco, per quanto imminente e inesorabile esso sia, non si è mai completamente pronti. Non c’è modo di prepararsi a quel vuoto lasciato da chi viene chiamato a portare a compimento il lungo cammino della vita. 
Rimane il ricordo e attraverso il ricordo di momenti felici i nostri cari non muoiono, rimangono bensì vivi nei nostri pensieri, a guidare i nostri passi.

Nonna Gina era nata il 30 Maggio del 1926 e se n'è andata mentre dormiva, il 4 Marzo del 2012.

domenica 4 marzo 2012

Serbia, la Ue spinge Tadic - ATTUALITA

L'UE continua a dimostrarsi sempre uguale a se stessa; una macchina lenta e poco lungimirante, dalle scarse capacità strategiche. In altre parole un "teatrino di burattini" nelle mani degli Stati Uniti.

Il 2 Marzo 2012 la Serbia ha ottenuto il tanto sperato stato di candidato nell'EU. Tredici anni dopo la guerra del Kosovo e 4 anni la disgraziata dichiarazione di indipendenza di Pristina.

Il 2 Marzo, il Governo Tadic ha raggiunto l'agognato traguardo, ma a quale costo? 26% di disoccupati nel paese, opinione pubblica per il 50% contraria al processo a Ratko Mladic, il partito nazionalista di Tomislav Nikolic favorito alle prossime elezioni e nessun cambiamento dell'opinione pubblica sul "fronte riconoscimento Kosovo"

L'attuale governo serbo sembra propenso ad un'apertura verso l'EU, ma il popolo serbo sembra quantomai esasperato da questa mancanza di fiducia oltre che dalle imposizioni dell'EU, in aggiunta alla disparità di trattamenti tra Serbia e altri paesi che sono già nella Comunità Europea, pur senza rispettarne i parametri economici.

Riconoscendo la candidatura serba a paese membro a Marzo, dopo l'ennesimo rinvio di fine Gennaio (inizio di Febbraio), l'EU ha tentato di allentare il cappio stretto alla gola di Tadic, ma solo di quel tanto da ri-alimentare le sue speranze europee. Purtroppo è un'apertura tardiva e maldestra (come al solito), è un po' come "chiudere il recinto quando i buoi sono già scappati".

E' necessario guardare in faccia la realtà: moltissimi serbi si sentono più vicini a Mosca che a Bruxelles proprio a causa della politica europea pro-americana e le imposizioni sul Kosovo. L'unico motivo attualmente valido dell'EU, per aver appoggiato la divisione tra Kosovo e Serbia è quella di favorire la politica di ingerenza (loro dicono di difesa) americana, e far si che gli Stati Uniti mantengano il controllo in una zona europea vicina al fronte orientale.
Controllo che viene assicurato dalla presenza militare americana e dalla immensa base militare di Bondsteel, proprio nel Sud Est del Kosovo. 

In verità la guerra fredda non è mai finita. Caduto il muro di Berlino, si è ben visto di farne altri ancora più alti, uno di questi è rappresentato dal fiume Ibar che divide il Nord del Kosovo dal resto del paese dichiaratosi indipendente, autorizzando un "guardiano" (l'America) a mantenere un "occhio vigile sul fronte rosso".
Ma quanta paura fa la Russia a distanza di anni dalla distensione? E poi... la Russia... fa paura all'Europa che vive con il gas di Putin... o agli Stati Uniti per la loro assurda politica di difesa tra guerra preventiva, umanitaria e caccia ai fantasmi del terrorismo? 

Non si vedono altri motivi apparentemente validi,  se non quello di favorire gli Stati Uniti e la mancanza di una visione strategica europea, per "dividere" un paese (la Serbia), quando l'intento primario dell'EU sarebbe di "unire" i paesi "geograficamente" europei.
Max
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Serbia, la Ue spinge Tadic - ATTUALITA
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Arriva da Bruxelles la carta che potrebbe riaprire la partita delle prossime elezioni serbe per il presidente Boris Tadic e per il suo Partito democratico.
Quasi 13 anni dopo la decisione internazionale di rispondere con le bombe alla pulizia etnica di Slobodan Milosevic in Kosovo, i leader dell’Unione europea (Ue), il 2 marzo, hanno concesso a Belgrado il tanto agognato visto che ne certifica lo status di Paese candidato all’ingresso nella Ue.
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Un successo costato al Paese due anni di anticamera nei corridoi di Bruxelles e innumerevoli “no” e rinvii, ma che Tadic e la sua coalizione sono decisi a far pesare sul piatto delle elezioni che il presidente, finalmente, potrà convocare.Nonostante la scadenza naturale delle Camere sia prevista per il 6 maggio, Tadic ha preferito aspettare di avere in tasca il sì dei 27 membri del Consiglio, prima di aprire ufficialmente una competizione elettorale, che lo vede nettamente indietro rispetto ai nazionalisti di Tomislav Nikolic. Un’eventualità che di certo ha pesato sul piatto del sì in sede europea.
PER I NAZIONALISTI NON ERA PRIORITÀ. Nonostante Nikolic si dichiari da serbo, «felice per l’ottenimento dello status di Paese candidato», per lui e il suo partito (Sns), l’Ue non è mai stata una priorità.
Nikolic e i suoi, si sono sempre considerati - pubblicamente e con orgoglio - molto più vicini a Mosca che a Bruxelles. Così vicino, ha fatto capire di recente il vice ministro Ivica Dacic, da poter spianare la strada a una base militare russa in pieno territorio serbo, a un passo dal cuore dell’Europa. Ma soprattutto a pochi chilometri da Blondsteel, la più grande base Nato in territorio europeo, che gli americani iniziarono a costruire ancor prima che le armi in Kosovo cessassero di sparare.
.... (continua)

venerdì 2 marzo 2012

Lucio Dalla - Caro amico ti scrivo


Un saluto a Lucio Dalla, tra i più grandi ed innovativi cantautori italiani.
Dalla nasceva a Bologna il 4 marzo del 1943, 
data che da il titolo ad uno dei suoi più grandi successi.
Ci ha lasciato il 1° di marzo del 2012.



giovedì 1 marzo 2012

LIBIA: solidarietà tra cristiani e musulmani...

AFRICA/LIBIA -
dice Mons. Martinelli

Tripoli (Agenzia Fides) - "Sono rimasto profondamente colpito dalla serietà professionale e dalla testimonianza che rendono ogni giorno le infermiere filippine e indiane nell'ospedale di Sirte" dice all'Agenzia Fides Sua Ecc. Mons. Giovanni Innocenzo Martinelli, Vicario Apostolico di Tripoli, che si è recato qualche giorno fa a visitare la piccola comunità cattolica di Sirte.
"Sono rimasto positivamente impressionato dal clima di solidarietà che ho scoperto: bisognerebbe scrivere un libro sull'amicizia profonda tra queste persone, musulmani e cristiani, che hanno vissuto la guerra insieme. Nell'ospedale viene pubblicato un piccolo giornale in inglese e in arabo, i cui articoli riflettono il desiderio e la prospettiva della riconciliazione" afferma Mons. Martinelli.
Il Vicario Apostolico aggiunge che "nell'area di Tripoli la situazione è un po' più tranquilla. Si nota uno sforzo da parte di tutti per le prossime elezioni. Stanno inoltre tornando gli espatriati e i membri delle comunità straniere che erano fuggiti a causa della guerra. Tutti stanno portando il loro contributo per costruire la nuova Libia. I servizi pubblici funzionano, anche se non in maniera ottimale. Da qualche giorno ad esempio è ripresa la distribuzione della posta".
"Se vogliamo ricostruire la Libia, è essenziale trovare il modo di riconciliarsi" sottolinea il Vicario Apostolico. " Certo, purtroppo c'è stata tanta distruzione e tanta sofferenza, sia a Sirte sia a Misurata. Da un lato c'è una sofferenza profonda di coloro che, nel contesto degli ultimi sviluppi politici, hanno perso la propria terra. Dall'altro esiste un cammino di riconciliazione che presenta aspetti prodigiosi" conclude Mons. Martinelli. (L.M.) (Agenzia Fides 1/3/2012)
Source: www.fides.org
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Finalmente una buona notizia dalla Libia. 
Uno spiraglio di miglioramento che nasce dagli stessi libici. Religioni diverse ma stesse misere condizioni che creano un sentimento di solidarietà. 
Speriamo che questa solidarietà si concretizzi  in uno sforzo comune volto a migliorare le condizioni del paese, nonostante la deleteria guerra per il petrolio scatenata dall'occidente, che ha provocato decine di migliaia di morti e ha fatto regredire la Libia sotto tutti gli aspetti della vita economica e sociale. 
Max