"Qui passo gli anni, abbandonato, oscuro, senz'amor, senza vita; ed aspro a forza tra lo stuol de' malevoli divengo: qui di pietà mi spoglio e di virtudi, e sprezzator degli uomini divengo..." (G. Leopardi)

lunedì 12 settembre 2011

Windsor Castle

A wonderful place to see !!!






The visit to the Castle can easily take half day. A part from the outside view of the Castle, the accessible rooms with collections of paintings and weapons are beautiful too.

Inside the Castle is forbidden to take pictures so... you should go there personally and see with your own eyes. 

domenica 11 settembre 2011

Quote of the day - Frase del giorno

Spesso contraddiciamo una opinione, 
mentre ci è antipatico soltanto il tono con cui essa è stata espressa.
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We often contradict an opinion,
while we just do not like the tone in which it was expressed.
Friedrich Nietszche

sabato 10 settembre 2011

Profughi somali, campi di accoglienza e risorse al collasso

Mesi se non anni. La popolazione somala continua a scappare a causa di guerre e siccità.
Lo scarso impatto risolutivo delle Organizzazioni Internazionali preposte è stato fino ad ora evidente sia nel campo della lotta per la legalità in appoggio al Governo di Transizione somalo contro gli estremisti di Al-Shabaab, sia nel settore degli aiuti umanitari alle popolazioni colpite dalla siccità.
La necessità di interventi "seri" e non le solite chiacchiere, è ora ancora più evidente dal momento che l'impatto di decine di migliaia di profughi sui territori ospitanti, sta pregiudicando l'utilizzo delle scarse risorse da parte delle popolazioni locali di Kenya, Etiopia e Gibuti.
L'ora di fare qualche cosa di incisivo è trascorsa da tempo. Speriamo di non avere mai bisogno di un intervento delle Nazioni Unite nei nostri paesi perché ci attenderebbe probabilmente lo stesso triste destino dei paesi dell'Est Africa.
Max
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Nairobi (Agenzia Fides) - "La situazione è drammatica" dice all'Agenzia Fides Suzanna Tkalec, del Catholic Relief Services (CRS), che assiste Sua Ecc. Mons. Giorgio Bertin, Vescovo di Gibuti e Amministratore Apostolico di Mogadiscio, in qualità di Presidente di Caritas Somalia, nel gestire l'emergenza profughi somali (vedi Fides 26/7/2011), da Dadaab, dove si trova il più grande campo di raccolta dei rifugiati somali del mondo (oltre 400.000 persone).
"A Dadaab, il CRS sta lavorando per sistemare le latrine in un campo di ricollocamento dove, in teoria, vengono trasferiti dal campo principale all'incirca 800 rifugiati al giorno" dice la signora Tkalec. "Questo però non è sufficiente, perché a Dadaab continuano ad arrivare ogni giorno dagli 800 ai 1.300 nuovi profughi. Le necessità sono quindi enormi, in quanto anche le comunità locali sono in gravissime difficoltà" continua la responsabile della Caritas. "Se guardiamo chi sono i più vulnerabili, al primo posto vi sono i profughi appena arrivati dalla Somalia, subito dopo ci sono le comunità locali e poi i rifugiati che si trovano da lungo tempo nei campi. Il problema è che nessuna organizzazione lavora con le comunità locali, che hanno ugualmente perso tutto. Se si pensa inoltre che le scarse risorse del territorio, in primis l'acqua, vengono condivise dalle comunità locali e dai rifugiati somali, si capisce che vi sono forti tensioni, perché ormai non è rimasto niente per nessuno: le riserve d'acqua sono ormai esaurite". 
"Visto che gli aiuti sono distribuiti solo ai rifugiati, ogni giorno vi sono dimostrazioni da parte dei keniani del posto. Siamo arrivati al punto che i locali tentano di farsi passare per rifugiati. Non è una novità, perché anche i keniani di questa regione sono di origine somala, hanno la stessa lingua, cultura e tradizione dei rifugiati" afferma Suzanna Tkalec.
La responsabile della Caritas è appena rientrata da una missione di valutazione da Gibuti, dove secondo le statistiche ONU, nel campo di Ali Addeh vivono 18.000 persone. A questi bisogna aggiungere 3.000 rifugiati urbani. "Ad Ali Addeh la situazione è disperata, perché il campo è sovrappopolato" dice la signora Tkalec. "Per decongestionare il campo di Ali Addeh entro la fine di settembre-inizio ottobre, dovrebbe essere aperto il campo di Holl-Holl. I lavori da eseguire per riaprire questo campo sono impegnativi, perché in pratica si tratta di un appezzamento di terra arida dove devono essere rimosse le infrastrutture del campo precedente abbandonato nel 2006 e creare quelle nuove".
"In aggiunta all'assistenza dei profughi, Caritas Gibuti lavora soprattutto con le comunità locali, perché anche loro si trovano in una situazione disperata, come avviene per le comunità rurali del Kenya e dell'Etiopia" afferma Suzanna Tkalec. "A Gibuti la situazione è ancora più difficile perché si tratta di un Paese completamente desertico. Tutto il suo territorio ha problemi di accesso all'acqua. Le comunità rurali, comprese quelle nomadi che hanno perso tutto, in particolare i greggi di animali, si stanno avvicinando ai centri abitati. Di conseguenze le risorse iniziano a scarseggiare per tutti" conclude la responsabile della Caritas. (L.M.) (Agenzia Fides 10/9/2011)


Un esercito segreto agli ordini di Obama | Rinascita.eu

Un esercito supersegreto agli ordini di Obama
di: Ferdinando Calda - f.calda@rinascita.eu

Martedì scorso il generale statunitense David Petraeus ha assunto ufficialmente la direzione della Cia, succedendo a Leon Panetta, diventato segretario alla Difesa. La nomina dell’ex comandante delle forze Usa in Iraq e, successivamente, della coalizione internazionale in Afghanistan, è stata vista da molti come un ulteriore passo verso la “militarizzazione” dell’agenzia di intelligence statunitense.
Questa pericolosa tendenza è stata confermata in un recente articolo del Washington Post, in cui si evidenzia come, dopo l’attacco dell’11 settembre 2001 alle Torri Gemelle, la Cia sia diventata “sempre più un gruppo paramilitare, senza però le responsabilità e la trasparenza che l’esercito è tenuto a garantire”. Una vera e propria “svolta letale”, che ha trasformato l’intelligence statunitense da un’agenzia di spionaggio a una “incredibile macchina di morte”, per usare le parole di un ex agente segreto. Basti pensare che, dal 2001 ad oggi, i bombardamenti dei droni hanno ucciso poco meno di tremila persone.
Ma il Washington Post aggiunge un ulteriore particolare sulla portata della guerra segreta al terrorismo portata avanti dalla Casa Bianca al di fuori del controllo dell’opinione pubblica e, soprattutto, del Congresso. Riportando un brano del libro appena pubblicato Top Secret America: The Rise of the New American Security State, scritto dai giornalisti Dana Priest e William M. Arkin, il quotidiano racconta l’organizzazione del Joint Special Operation Command (Jsoc), un’unità militare di elite supersegreta che opera al di là dei vincoli imposti alla stessa Cia.
Un vero e proprio esercito parallelo di 25mila uomini, dotato di propri droni, propri aerei da ricognizione e perfino di propri satelliti. E, soprattutto, con licenza di uccidere. Il presidente – l’unico a cui devono rispondere oltre al capo del Pentagono – ha autorizzato gli uomini del Jsoc a selezionare singoli individui dalla loro lista nera e ad ucciderli senza neanche catturarli (e, inutile dirlo, senza alcuno straccio di processo o di prova).
E così hanno fatto a maggio scorso, penetrando in Pakistan per eliminare Osama Bin Laden. O nell’aprile 2006, quando hanno ucciso il leader di al Qaida in Iraq, Abu Musab al-Zarqawi. Inoltre, grazie alla loro segretezza, hanno potuto compiere azioni in Paesi non in guerra con gli Usa, come Yemen, Somalia, Filippine, Nigeria e perfino Siria.
“Noi siamo la materia oscura. Noi siamo la forza che muove l’universo, ma che non si può vedere”, si vanta col Washington Post un componente del corpo d’elite, un Navy Seal, che aggiunge: “La Cia non ha le dimensioni né l'autorità per fare alcune delle cose che facciamo noi”.
In effetti, fanno notare nel loro libro i due giornalisti del WP, se la Cia con i suoi droni e le sue forze paramilitari ha ucciso migliaia fra leader e mujaheddin qaidisti, il Jsoc ne ha uccisi molti di più. Così come, se la Cia ha catturato e interrogato con metodi “poco ortodossi” un centinaio di “sospetti terroristi”, il Jsoc ne ha catturati e interrogati “dieci volte di più”.

Nato nel 1980 con il compito di compiere blitz per liberare ostaggi statunitensi nel mondo, il Jsoc è stato sotto-utilizzato per tutti gli anni ’80 e ’90. Anche perché la sua prima operazione, la liberazione dei membri dell’ambasciata Usa a Teheran occupata dagli studenti iraniani nel 1980, finì con una collisione in volo fra elicotteri statunitensi nel deserto e otto soldati morti.
Dopo l’11 settembre 2001, però, il corpo è stato riformato, passando rapidamente da 1.800 soldati ad almeno 25mila.
Del Jsoc fanno parte molti dei principali corpi speciali super addestrati: il Team 6 dei Navy Seals (quelli del blitz contro Bin Laden), lo Special Tactics Squadron della Us Air Force, la famosa Delta Force dell’esercito, il 160.mo Special Operations Aviation Regiment, il 75.mo reggimento dei Ranger. Sul campo i suoi uomini non portano divisa né gradi, non hanno nome né documenti, e spesso si sono nascosti dietro diversi soprannomi: Secret Army of Northern Virginia, Task Force Green, Task Force 11, Task Force 121.
Per diverso tempo, l’unità supersegreta è stata comandata dal generale Stanley McChrystal, che nel 2003, quando era comandante in capo in Iraq e Afghanistan, ne trasferì il quartier generale in un hangar alla base aerea Balad, a nord di Baghdad, per allontanarsi ulteriormente dagli “inopportuni” controlli politici e legali di Washington.
Dei servigi del Jsoc hanno usufruito massicciamente sia George W. Bush che Barack Obama, anche se con il presidente democratico l’unità segreta è stata utilizzata anche di più, ad esempio nello Yemen.
(08 Settembre 2011)

Tratto da: www.rinascita.eu

LIBIA: TRIPOLI E L’OMBRA DI AL QAEDA

Ecco che si concretizzano tutte le paure che avevamo già rappresentato prima che scoppiasse la guerra in Libya. 

Ecco come Al-Qaeda si trasforma da un gruppo di estremisti islamici ad un gruppo di mercenari prezzolati, o da un movimento clandestino ad un interlocutore internazionale ufficiale.

L'articolo che segue è pubblicato da Voltairenet.org all'indirizzo http://www.voltairenet.org/Come-al-Qaida-e-arrivata-al-potere e ripubblicato su nena-news.com.
Max
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Come ha fatto Al-Qaeda ad arrivare al potere a Tripoli? Secondo l’analisi di Thierry Meyssan, è composta da mercenari utilizzati dagli Stati Uniti per combattere sui diversi fronti, Libia, Siria e Yemen.
DI THIERRY MEYSSAN

Adbelhakim Belhadj
Il leader storico di al-Qaida in Libia, Abdelhakim Belhadj, è divenuto il governatore militare della Tripoli “liberata” ed è il responsabile dell’organizzazione dell’esercito della “nuova Libia”.

Negli anni ’80, la CIA ha incoraggiato Awatha al-Zuwawi a creare una fucina in Libia per reclutare mercenari e inviarli nella jihad contro i sovietici, in Afghanistan. Dal 1986 le reclute libiche vengono addestrate nel campo di Salman al-Farsi (in Pakistan), sotto l’autorità del miliardario anti-comunista Usama bin Ladin.

Quando bin Ladin si trasferì in Sudan, i jihadisti libici lo seguirono. Furono raggruppati in un loro compound. Dal 1994, Usama bin Ladin inviò dei jihadisti libici nel loro paese, a uccidere Muammar Gheddafi e a rovesciare la Jamahiriya popolare socialista.

Il 18 ottobre 1995, il gruppo si struttura sotto il nome di Gruppo Islamico Combattente in Libia (LIFG). Nei tre anni successivi, il LIFG ha cercato per quattro volte di assassinare Muammar Gheddafi e di stabilire la guerriglia nelle montagne del sud. A seguito di tali operazioni, l’esercito libico, sotto il comando del generale Abdel Fattah Younis, condusse una campagna per sradicare la guerriglia, e la giustizia libica lanciò un mandato di arresto contro Usama bin Ladin, diffuso dal 1998 dall’Interpol.

Secondo l’agente del controspionaggio del Regno Unito David Shayler, lo sviluppo del LIFG e il primo tentativo di assassinio di Gheddafi da parte di al-Qaida, furono finanziate con la somma di 100.000 sterline dall’MI6 britannico [1]. All’epoca, la Libia era l’unico stato al mondo a ricercare Usama bin Ladin, che ancora disponeva ufficialmente del sostegno politico degli Stati Uniti, anche se aveva contestato l’operazione “Desert Storm”.

Sotto la pressione di Tripoli, Hassan al-Turabi espulse i jihadisti libici dal Sudan. Spostarono le loro infrastrutture in Afghanistan, insediandosi nel campo di Shahid Shaykh Abu Yahya (appena a nord di Kabul). Tale installazione durerà fino all’estate del 2001, quando i negoziati a Berlino tra Stati Uniti ed i taliban, per il gasdotto transafgano, fallirono. A quel tempo, il mullah Omar, che si stava preparando all’invasione anglo-sassone, chiese che il campo venisse posto sotto il suo controllo diretto.

Il 6 ottobre 2001 il LIFG è nella lista stilata dal Comitato di applicazione della risoluzione 1267 del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. C’è tuttora. L’8 dicembre 2004, il LIFG era nella lista delle organizzazioni terroristiche del Dipartimento di Stato degli Stati Uniti. C’è ancora. Il 10 Ottobre 2005, il Dipartimento degli Interni britannico interdiva il LIFG dal suo territorio. Questa misura è ancora valida. Il 7 Febbraio 2006, le Nazioni Unite sanzionavano cinque membri del LIFG e quattro società ad essa collegate, che continuano ad operare impunemente nel territorio del Regno Unito, sotto la protezione dell’MI6.

Durante la “guerra contro il terrore”, il movimento jihadista si organizza. Il termine “al-Qaida”, che originariamente indicava il grande database in cui Usama bin Ladin sceglieva i mercenari di cui aveva bisogno per missioni specifiche, diventa gradualmente un piccolo gruppo. Le sue dimensioni diminuiscono, a mano a mano che viene strutturato.

Il 6 marzo 2004, il nuovo leader del LIFG, Abdelhakim Belhadj, che ha combattuto in Afghanistan al fianco di Usama bin Ladin [2] e in Iraq, vien arrestato in Malesia e poi trasferito in una prigione segreta della CIA, in Thailandia, dove è sottoposto al siero della verità e alla tortura. A seguito di un accordo tra gli Stati Uniti e la Libia, venne rispedito in Libia dove fu torturato da agenti inglesi, ma questa volta nella prigione di Abu Salim.

Il 26 giugno 2005, le agenzie di intelligence occidentali organizzano a Londra una riunione dei dissidenti libici. Formano la “Conferenza nazionale dell’opposizione libica” unendo tre fazioni islamiche: la Fratellanza mussulmana, la Confraternita dei Senoussi e il LIFG. Il loro manifesto fissa tre obiettivi:

- rovesciare Muammar Gheddafi;
- esercitare il potere per un anno (sotto la denominazione “Consiglio nazionale di transizione”);
- ripristinare la monarchia costituzionale nella sua forma del 1951 e rendere l’Islam la religione di Stato.

Nel luglio 2005, Abu al-Laith al-Liby riesce, contro ogni probabilità, a fuggire dal carcere di massima sicurezza di Bagram (Afghanistan) e a divenire uno dei leader di al-Qaida. Chiama i jihadisti del LIFG che non hanno ancora raggiunto al-Qaida in Iraq. I libici diventano la maggioranza dei kamikaze di al-Qaida in Iraq [3]. Nel febbraio 2007, al-Liby condusse un attacco spettacolare contro la base di Bagram, mentre il vicepresidente Dick Cheney si appresta a visitarla. Nel novembre 2007, Ayman al-Zawahiri e Abu al-Laith al-Liby annunciano la fusione del LIFG con al-Qaida.

Abu al-Laith al-Liby divenne il vice di Ayman al-Zawahiri, e a tal titolo il numero 2 di al-Qaida, in quanto non si avevano notizie di Usama bin Ladin. Fu ucciso da un drone della CIA in Waziristan, alla fine del gennaio 2008. Durante il periodo 2008-2010, Saif al-Islam Gheddafi negoziò una tregua tra i libici e il LIFG. Pubblicò un lungo documento, ’Gli studi riparatori’, in cui ammette di aver commesso un errore nel fare appello alla jihad contro i fratelli musulmani, in un paese musulmano. In tre ondate, tutti i membri di al-Qaida sono graziati e rilasciati alla sola condizione che rinuncino per iscritto alla violenza. Su 1800 jihadisti, oltre un centinaio rifiutano l’accordo e preferiscono rimanere in carcere.

Dopo il suo rilascio, Abdelhakim Belhadj lascia la Libia e si trasferisce in Qatar.

Nei primi mesi del 2011, il principe Bandar Bin Sultan intraprende una serie di viaggi per rilanciare al-Qaida espandendone il reclutamento, fino ad ora quasi esclusivamente tra gli arabi, ai musulmani dell’Asia centrale e del sud-est. Uffici di reclutamento vengono aperti in Malesia [4]. Il miglior risultato si ottiene a Mazar-i-Sharif, dove più di 1.500 afgani vengono impegnati nella jihad in Libia, Siria e Yemen [5]. In poche settimane, al-Qaida, che era solo un piccolo gruppo moribondo, può allineare più di 10.000 uomini. Questo reclutamento è ancora più facile, poiché i jihadisti sono i mercenari più economici sul mercato.

Il 17 Febbraio 2011, la “Conferenza Nazionale dell’opposizione libica” organizza il “giorno della collera” a Bengasi, che segna l’inizio della guerra.

Il 23 febbraio l’Imam Abdelkarim al-Hasadi annuncia la creazione di un emirato islamico a Derna, la città più fondamentalista della Libia, da cui proviene la maggior parte dei kamikaze jihadisti di al-Qaida in Iraq. Al-Hasadi è un membro di lunga data del LIFG, ed è stato torturato dagli statunitensi a Guantanamo [6]. Il burqa è obbligatorio e le punizioni corporali vengono ripristinate. L’emiro al-Hasidi organizza un proprio esercito, che nasce con alcune decine di jihadisti e che presto ne raggruppa più di mille.

Il Generale Carter Ham, comandante di Africom, incaricato di coordinare le operazioni alleate in Libia, ha espresso le sue preoccupazioni per la presenza tra i ribelli, che gli viene chiesto di difendere, di jihadisti di al-Qaida che hanno ucciso soldati statunitensi in Afghanistan e in Iraq. Fu sollevato dalla sua missione, che venne affidata alla NATO.

In tutta la Cirenaica “liberata”, gli uomini di al-Qaida diffondono il terrore, massacrano e torturano. Sono specializzati nel tagliare la gola ai gheddafisti, a cavare occhi e tagliare i seni delle donne impudiche. L’avvocato della Jamahiriya, Marcel Ceccaldi, accusa la NATO di “complicità in crimini di guerra”.

Il 1° maggio 2011, Barack Obama annuncia che ad Abbottabad (Pakistan), sei commando dei Navy Seal hanno eliminato Usama bin Ladin, di cui si era senza notizie credibili da quasi 10 anni. Questo annuncio permette di chiudere il dossier al-Qaida e di rinnovare il look dei jihadisti quali nuovi alleati degli Stati Uniti, come ai bei vecchi tempi delle guerre in Afghanistan, Bosnia, Cecenia e Kosovo [7]. Il 6 agosto, tutti i sei membri del commando dei Navy Seal muoiono nella caduta del loro elicottero.

Abdelhakim Belhadj torna nel suo paese su un aereo militare del Qatar, all’inizio dell’intervento della NATO. Ha preso il comando degli uomini di al-Qaida nelle montagne del Jebel Nefusa. Secondo il figlio del generale Abdel Fattah Younis, è lui che ha sponsorizzando l’omicidio, il 28 luglio 2011, del suo vecchio nemico, che era diventato il capo militare del Consiglio di Transizione Nazionale. Dopo la caduta di Tripoli, Abdelhakim Belhadj apre le porte del carcere di Abu Salim, rilasciando gli ultimi jihadisti di al-Qaida che vi erano detenuti. Viene nominato governatore militare di Tripoli. Pretende le scuse dalla CIA e dall’MI6 per il trattamento che gli hanno inflitto in passato [8]. Il Consiglio nazionale di transizione l’incarica di addestrare l’esercito della nuova Libia.

[1] «David Shayler: “J’ai quitté les services secrets britanniques lorsque le MI6 a décidé de financer des associés d’Oussama Ben Laden“», Réseau Voltaire, 18 novembre 2005.
[2] «Libya’s Powerful Islamist Leader», Babak Dehghanpisheh, The Daily Beast, 2 settembre 2011.
[3] «Ennemis de l’OTAN en Irak et en Afghanistan, alliés en Libye», Webster G. Tarpley, Réseau Voltaire, 21 maggio 2011.
[4] “La Contro-rivoluzione in Medio Oriente”, di Thierry Meyssan, Rete Voltaire, 11 maggio 2011.
[5] «CIA recruits 1,500 from Mazar-e-Sharif to fight in Libya», Azhar Masood, The Nation (Pakistan), 31 agosto, 2011.
[6] «Noi ribelli, islamici e tolleranti», reportage di Roberto Bongiorni, Il Sole 24 Ore, 22 marzo 2011.
[7] “Riflessioni sull’annuncio ufficiale della morte di Osama bin Laden”, Thierry Meyssan, Rete Voltaire, 4 maggio 2011.
[8] «Libyan commander demands apology over MI6 and CIA plot», Martin Chulov, Nick Hopkins e Richard Norton-Taylor, The Guardian, 4 settembre 2011
Traduzione di Alessandro Lattanzio


*Questo articolo è stato pubblicato su:

venerdì 9 settembre 2011

Guerra segreta, senza prigionieri

l'America e i terroristi. 
Obama, la CIA, i Droni e la Joint Special Operation Command.

Guerra segreta, senza prigionieri


L'articolo a cui fa riferimento il link precedente è stato pubblicato oggi dal Corriere.it e commenta la nuova strategia di contrasto al terrorismo ideata dal Presidente degli Stati Uniti.


Noi ne avevamo parlato qualche mese fa in più occasioni:
22 Luglio 2011 e 6 Agosto 2011.