"Qui passo gli anni, abbandonato, oscuro, senz'amor, senza vita; ed aspro a forza tra lo stuol de' malevoli divengo: qui di pietà mi spoglio e di virtudi, e sprezzator degli uomini divengo..." (G. Leopardi)

giovedì 8 settembre 2011

Vacanze in Salento - 2

La cosa brutta delle vacanze e'... 







... che finiscono ...

Dividi et impera

Quest'anno l'Italia festeggia i 150 anni di unità. In contemporanea alle nostre celebrazioni, in altre parti del mondo, relativamente vicine, si parla e si opera per dividere e sezionare anziché unificare.

A parte il caso della Libya che rischia di trovarsi divisa in Tripolitania e Cirenaica se non addirittura in varie ulteriori realtà tribali, ci sono zone geograficamente europee che hanno subito divisioni e scissioni indotte o spontanee, dovute a guerre o per volontà popolare, e che rischiano ulteriori smembramenti a causa di situazioni non risolte, di conflitti congelati da risoluzioni ONU e confini stabiliti senza tenere conto delle realtà etnico-religiose o delle peculiarità regionali e locali di popoli caratterizzati dalle proprie specificità culturali.


E' il caso dei balcani.
La Yugoslavia costituita come Federazione di Stati, ha visto prima l'affrancamento della Slovenia, che si è resa indipendente tramite un processo pacifico e legale in base agli accordi successivi alla Seconda Guerra Mondiale e quindi in base al Diritto Internazionale riconosciuto e valido per tutti, almeno fino a qualche anno fa.

Una guerra terribile che ha portato alla divisione e alla ridefinizione dei confini di Croazia, Bosnia Erzegovina e al ridimensionamento della Serbia.

La Serbia, appunto, ha subito un forte ridimensionamento del proprio territorio. Cuore dello stato federale yugoslavo, ha perso successivamente anche il Montenegro, che è ad oggi indipendente, a seguito di un referendum popolare, quindi legalmente in base al Diritto Internazionale e ha perso il Kosovo a seguito della guerra scatenata dalla NATO e dall'UCK.

Ancora più a sud c'è la Macedonia o Former Yugoslavian Republic of Macedonia (FYROM), ancora non è chiaro, che da territorio della repubblica yugoslava, è oggi Stato indipendente per scelta e Nazione multietnica per forza.

Tutto questo avveniva oramai alcuni anni fa, ma le conseguenze le vediamo anche oggi.

La Macedonia o FYROM, la cui indipendenza è dipesa in gran parte da condizioni imposte da ONU, NATO  e Stati Uniti, ha problemi legati al nome dello stato che da FYROM vorrebbe ufficialmente cambiato in Macedonia. Peccato che la Grecia si opponga a questo cambiamento poichè rivendica il nome Macedonia per una zona a Nord della Grecia che comprende in parte anche il territorio dell'attuale FYROM.
Il Kosovo, indipendente solo per 80 paesi nel mondo (e nemmeno così popolosi tra cui Albania, San Marino, Regno di Swaziland, Maldive, Samoa, Micronesia, Palau, Kiribati, solo per fare alcuni esempi), si trova a fronteggiare, tra gli altri problemi, una perenne stagnazione economica non riuscendo a produrre nulla né nel settore primario dell'agricoltura né nel settore dell'industria, dipendendo esclusivamente dalle importazioni e dagli aiuti internazionali che soprattutto l'EU elargisce con tanta benevolenza. Oltre a questo deve fare i conti con un movimento interno che rifiuta di accettare il nuovo governo. La popolazione serba del Nord, che tra l'altro non gode affatto degli aiuti europei, non riconosce l'autorità kosovara-albanese e rivendica ad oggi il proprio diritto di autodeterminazione.

Tutto ciò avviene per tanti motivi diversi ma che originano da un fondamentale errore che è stato fatto in passato e che si continua a fare oggi.
I confini di questi stati non coincidono con le aspettative o le necessità delle persone che ci vivono.
Motivi politici o accordi mediati da istituzioni internazionali troppo politicizzate, fanno si che gli Stati si identifichino dentro certi confini politici senza tenere conto del volere delle popolazioni che vivono entro questi confini.
Le popolazioni hanno tradizioni, usi, costumi, religioni e lingue diverse, definite dal loro passato storico e delle quali non si vuole tenere conto politicamente, costringendoli in confini che non sono quelli naturali.

Il principale paradosso di tutta questa situazione è che la Comunità Europea, il cui intento dovrebbe essere di unificare tutti i popoli d'Europa sotto la stessa bandiera, con condivisione di intenti e mire comuni, riesce ad oggi solo a dividere e frazionare Stati che potevano entrare a far parte della Comunità come una singola entità che rappresentasse tutte le diversità interne.

E' anche paradossale che dopo la caduta del muro di Berlino, simbolo della divisione dei popoli, siano sorti muri in tutto il mondo: nei Balcani di cui abbiamo parlato, il muro eretto dopo la guerra è un fiume che si chiama Ibar, che divide in due la città di Mitrovica e separa musulmani da ortodossi e albanesi da serbi. Ci sono nuovi muri ovunque: tra Palestina e Israele, tra Stati Uniti e Messico, dove i muri sono di cemento e sono stati eretti senza mezze misure. Tra Europa e Russia dove il nuovo muro sarebbe stato il così detto "scudo spaziale", idea anacronistica e pazzoide dell'ex presidente americano J:W. Bush, muri che non sono fatti di mattoni ma che continuano a creare barriere e separazione. 

mercoledì 7 settembre 2011

Chi è Jibril

Chi è Jibril? 
Moltissimi non avrebbero una risposta a questa domanda posta a bruciapelo. Pochi risponderebbero che si tratta del nuovo leader libico dopo la dichiarata vittoria nella guerra a Gheddafi. In realtà molto pochi sanno qualche cosa su questo Jibril venuto fuori dal nulla, che ha già incontrato anche i nostri governanti, ovviamente dopo a quelli francesi e britannici.

Chi lo conosceva prima della guerra?
In Italia tutti sapevamo chi era Gheddafi, tutti si ricorderanno del missile lanciato verso l'isola di Lampedusa nel 1986 durante il Governo Craxi. 
Tutti ci ricordiamo l'inversione di tendenza di Gheddafi perché era solo nel 2008 che Berlusconi, con tanto di Frecce Tricolore al seguito aveva sottoscritto un trattato di amicizia oltre ad accordi per far fronte all'immigrazione clandestina e vari accordi economici, proprio con il leader libico.
Trattato ratificato dal Parlamento nel 2009 e che per un pò ci ha messo al sicuro dall'immigrazione e dai barconi; trattato calpestato definitivamente nel 2011 con l'appoggio all'aggressione francese e americana proprio nei confronti dell'amico Gheddafi. 

Comunque vada di Gheddafi si era sempre parlato anche in chiave di gossip, per esempio Gheddafi aveva donato ai territori abruzzesi colpiti dal terremoto, molti più soldi dei 50.000 Euro offerti dal "generono" Obama a Berlusconi. 


Chi non conoscevamo affatto era questo tizio... "Jibril" (su cui anche Wikipedia non ha altro che poche righe), con cui adesso stiamo intessendo nuovi rapporti diplomatici come se fosse un vecchio amico e che è destinato a crearci non pochi problemi per gli "accordini sotto banco" che ha già fatto con Francia, Inghilterra e USA.


L'articolo che segue l'ho preso sul blog "MONDOCANE" di Fulvio Grimaldi (fulviogrimaldi.blogspot.com/), sul quale è pubblicato.  Le fonti non le conosco, ma almeno, di questo Jibril si inizia a parlare e a scoprirne gli "altarini".
Max
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Mahmud Jibril, capomafia di Bengasi. Abbiamo visto questo ominicchio da Berlusconi elemosinare, in cambio di qualche litro di benzina, 350 milioni di dollari rubati al popolo libico (mentre nella Commissione Sanzioni dell’ONU solo il Sud Africa è riuscito a stoppare la rapina Usa di 1 miliardo e mezzo di dollari del Fondo Sovrano Libico, congelati dai predatori per trasferirle nelle tasche proprie e in quelle dei mercenari libici e di altri briganti di strada). 
Questo burattino sta guadagnandosi rapidamente il riconoscimento occidentale di partner affidabile, come il narcos Karzai o l’assassino di massa Al Maliki, nella depredazione del proprio popolo. 
Direttore, nel governo libico legittimo, dell’Ufficio Nazionale per lo Sviluppo economico da anni l’infiltrato lavorava alla demolizione delle conquiste sociali, della sovranità e dell’autosufficienza della Libia. 
Addestrato negli Usa a “Pianificazione Strategica e processi decisionali”, corso per rapinatori imperialisti, era diventato l’interlocutore privilegiato di aziende di consulenza internazionali, prevalentemente britanniche e statunitensi, cioè dei paesi che rosicavano per essere tenuti ai margini della greppia libica. Come tale, ha speso le sue migliori energie al servizio di multinazionali e regimi occidentali, ansiosi di ricondurre la Libia renitente, attraverso rapine, liberalizzazioni, privatizzazioni, esclusioni di potenze rivali, soffocamento della strategia gheddafiana di autonomia panafricana, liquidazione di ogni struttura pubblica, all’ordine della globalizzazione neoliberista, cioè alla condizione di stato fallito e di colonia da predare. 
Bloccato e neutralizzato da Gheddafi due anni fa, insieme alla risma di sciacalli riunitasi attorno a lui e impedito dal fare altro danno, ha colto il primo istante del colpo di Stato per precipitarsi a Bengasi e concordare con la teppa alqaidista (scuola Cia) e con i razziatori internazionali la spartizione del bottino. 
Oggi va in giro attuando quanto promesso agli Usa nei cabli del 2008 venuti alla luce: Venite, stiamo cacciando Russi, Cina, India, anche quel po’ d’Europa, non c’è che da investire, anche in infrastrutture, sanità, istruzione, immobili, il petrolio per voi è gratis, e i giovani libici li istruiremo tutti nelle università americane. Quelli che non avremo sgozzati perché parte dei 6 milioni di libici che stanno con Gheddafi, che ancora Gheddafi guida e che con tanti Gheddafi renderanno rovinosi vita e furto dei crociati negli anni a venire.

Nigeria: nuove violenze

Violenze e nuovi possibili fronti per il terrorismo islamico, la Nigeria potrebbe essere un candidato ideale ad una deriva estremista islamica senza una particolare attenzione da parte delle autorità governative a questa eventualità.

La Nigeria è un territorio molto vasto composto da varie etnie e tribù e da una popolazione divisa anche sotto il profiloa religioso tra islamici e cristiani. In entrambi i gruppi religiosi ci sono fazioni più o meno estremiste che prediligono la lotta armata al dialogo.
Max  
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AFRICA/NIGERIA - Nuove violenze in Nigeria, mentre si staglia l'ombra del terrorismo internazionale; "lo stato deve intervenire e siamo fiduciosi che lo farà" dice l'Arcivescovo di Jos

Jos (Agenzia Fides) - Almeno 14 persone sono morte nei dintorni di Jos, capitale dello Stato di Plateau, nella Nigeria centrale, negli ultimi 3 giorni. "Alcune famiglie sono state attaccate da un gruppo di pastori che in precedenza avevano subito il furto del loro bestiame" dice all'Agenzia Fides Sua Ecc. Mons. Ignatius Ayau Kaigama, Arcivescovo di Jos. "Si è trattato di una sorta di ritorsione nei confronti di coloro che erano sospettati di aver commesso il furto. Il fatto che la maggior parte degli allevatori della zona sia musulmana, aggiunge una componente religiosa a questi episodi, che però non è l'unica componente del problema" sottolinea Mons. Kaigama.
In precedenza un gruppo di musulmani che si era radunato in un'area abbandonata nel 2001 per celebrare la fine del Ramadan è stato attaccato da un gruppo autodefinitosi di cristiani (vedi Fides 30 e 31/8/2011). "Non so chi sia questa gente e a quale confessione appartenga" precisa Mons. Kaigama.
La situazione della sicurezza in Nigeria si è di recente aggravata anche per l'attentato contro la sede della Nazioni Unite nella capitale federale, Abuja, che ha provocato la morte di 23 persone (vedi Fides 27/8/2011). L'attentato è stato rivendicato dalla setta Boko Haram, attiva nel nord-est della Nigeria, ma che, finora, non aveva mai colpito in altre zone del Paese.
"Siamo ottimisti sul fatto che il governo nigeriano sarà in grado di far fronte al terrorismo" dice l'Arcivescovo di Jos. Secondo diversi esperti nell'attentato da Abuja vi sarebbe stato l'intervento di terroristi stranieri. "Mi sembra che le connessioni esterne siano evidenti, anche se siamo ancora nel campo delle speculazioni" dice Mons. Kaigama. "Qui non siamo di fronte ad appartenenti ai Boko Haram armati di archi e frecce, ma ad un livello più sofisticato di violenza. Attaccare la sede dell'ONU nel centro di Abuja non è un atto che i gruppi locali ai quali eravamo abituati possano fare". "È compito del governo e delle agenzia di sicurezza scoprire chi vi sia dietro a questi attentati e fino a dove si estendono le connessioni di chi li ha commessi" conclude Mons. Kaigama. (L.M.) (Agenzia Fides 6/9/2011)


martedì 6 settembre 2011

Salento !!!

Vacanza in Salento tra Otranto, Santa Cesarea Terme, Castro Marina e Santa Maria di Leuca....

"Molto Bene", anzi "Molto Benissimo" !!!

Tempo splendido e mare fantastico.
Panorami da cartolina e gente molto cordiale.
Ottima cucina e ottimo cibo, la "burrata" poi !!!.

Compagnia splendida e bei luoghi.
Proprio una ottima vacanza!!!





lunedì 5 settembre 2011

Afghanistan dove Dio viene solo per piangere


La storia di Shirin-Gol, una donna che nella vita è riuscita a leggere ben tre libri e mezzo. La storia raccontata di una donna afgana che dall'invasione russa del suo paese ha vissuto tutte le tragedie della guerra, fino alla ritirata russa e la guerra civile per il potere tra i molti comandanti dei mujaheddin, fino all'avvento dei talebani e l'invasione americana con l'appoggio all'armata del nord che dopo il 2001, ha reso un servizio importante alle forze straniere, fornendo le necessarie truppe di terra che i governi occidentali in un primo momento non riuscivano ad inviare, a causa dell'opinione pubblica contraria al sacrificio di vite umane.

La protagonista, Shirin-Gol, una donna che ha avuto la fortuna di imparare a leggere e scrivere e che, grazie a questo ha capito che il mondo è più grande di quello che il suo sguardo poteva vedere, una donna che nonostante la guerra ha messo al mondo e cresciuto molti figli. Figli di suo marito intossicato dall'oppio e frutto delle violenze subite, in un mondo che rifiuta di riconoscere alle donne qualsiasi diritto, in nome di usi e costumi arretrati e dettati dall'ignoranza degli uomini o dall'interesse di chi detiene il potere, ma soprattutto da una interpretazione della religione estrema e restrittiva per il sesso femminile.

Il libro ripercorre un periodo storico di guerre e battaglie non ancora concluso attraverso gli occhi di una donna che è dovuta scappare con la propria famiglia, prima in Pakistan poi in Iran e poi al Nord dell'Afghanistan, per sfuggire ai bombardamenti dei liberatori e alle violenze gratuite da parte della sua stessa gente.