Kosovo: nuove barricate, sale la tensione | euronews, mondo
La protesta della minoranza serba in Kosovo non si ferma: nuove barricate sono state erette in alcune località della zona settentrionale, nella quale si concentra la popolazione serba. A meno di ventiquattro ore dai gravi incidenti che avevano causato una ventina di feriti.
L’amministrazione kosovara aveva inviato agenti albanofoni, appoggiati dalle truppe della KFOR, a controllare le frontiere con la Serbia, la popolazione serba locale protesta:
“I serbi non sono spaventati, oggi il numero dei manifestanti serbi che effettuano i blocchi è aumentato, resteranno qui e sono pronti a versare il loro sangue, se necessario. Non useremo armi, non useremo la forza, ma non arretreremo di fronte al nemico”.
Gli scontri si sono verificati quando gli uomini del contingente multinazionale hanno inziato a rimuovere le barricate, ai valichi di Jarinje e Brnjak. La KFOR ha inviato rinforzi in zona, e si dice determinata a rimuovere le barricate.
Secondo i serbi, l’invio da Pristina di guardie di frontiera albanofone è una provocazione, volta a isolare la minoranza locale dalla madrepatria serba.
Se la minoranza serba 100 km a nord del capoluogo kosovaro non si mostra conciliante, ancor meno lo fa a Pristina il capo del governo locale, Hashim Thaqi:
“Continueremo a rimuovere le barricate e qualunque ostacolo che possa bloccare l’espansione dell’autorità del governo”.
Belgrado aveva chiesto che si discutesse degli scontri della vigilia nell’ambito della prevista tornata negoziale, in sede europea, con i kosovari. L’Europa non ha voluto, l’incontro è stato annullato.
La tensione sale davanti alle barricate, ma rischia di riesplodere anche l’odio inter-etnico: tre albanofoni sono rimasti feriti in un assalto da parte di uomini mascherati.
Fonte: it.euronews.net
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Ciò che stupisce riguardo agli attuali accadimenti in Kosovo, non è tanto il comportamento della NATO palesemente schierata in supporto di una parte, quella albanese, mentre ci sono ancora tante questioni politiche da chiarire tra cui, prima di tutte l'indipendenza del Kosovo ancora non perfettamente definita e la posizione dei leader del Kosovo davanti alla Giustizia Kosovara e Internazionale, in particolare la "faccenda" del traffico di organi umani.
Quello che è sorprendente non è tanto l'atteggiamento passivo della Comunità Europea che si "barcamena" cercando di dare una logica al proprio operato in base alla situazione che muta quotidianamente, rivedendo obbiettivi e pianificazioni.
Il fatto veramente sorprendente è che il primo ministro del Kosovo Hashim Thaqi si prenda la libertà di dichiarare (vedi articolo sopra) che il Kosovo, continuerà imperterrito a rimuovere barricate e ad affermare il controllo sul nord, ammettendo intrinsecamente che contrasterà ogni tipo di manifestazione della popolazione serba del Nord e farà orecchie da mercante alle richieste di quella popolazione.
Fa dichiarazioni come le spese di queste azioni le pagasse lui, parla come se avesse a disposizione un esercito e una forza di polizia preparata per affrontare da se, le problematiche del Nord.
Dichiarazioni un po' intraprendenti, visto che il Kosovo indipendente non dispone di tali forze. L'assistenzialismo in Kosovo, iniziato dall'ONU e protratto negli ultimi 10 anni, fa si che Thaqi si permetta di mettere il "carro davanti ai buoi", rende lecito pensare che tutto gli sia dovuto in cambio del "solito niente assoluto".
C'è da vedere se la NATO si presterà a questo gioco oppure rileggerà i termini del mandato di Kfor.
C'è da vedere se i paesi contribuenti continueranno ad approvare tali enormi spese e rischi anche in questo periodo di crisi.
Per ora sembra che il governo kosovaro abbia la certezza assoluta di poter gestire le forze NATO presenti in Kosovo a suo piacimento, ovviamente senza dare nulla in cambio.
Max
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