Il rinvio della candidatura della Serbia a membro della Comunità Europea e l'ingresso della Croazia, sono l'esempio lampante della disparità di trattamento tra i due paesi da parte dell'EU.
E' oramai ufficiale, nonostante tutte le bugie dette fino ad oggi, che la Serbia accederà allo status di candidato europeo solo dopo aver riconosciuto la secessione unilaterale del Kosovo.
Non dimentichiamo (o teniamolo a mente se non lo sapevamo prima) che nei territori della ex-Jugoslavia di minoranze ce ne sono altre oltre ai kosovari albanesi. Ci sono altri territori che non si riconoscono nelle amministrazioni e nei confini politici imposti dai pacifisti internazionali.
In altre aree della ex-Jugoslavia ci sono minoranze serbe che abbiamo completamente dimenticato; questo è proprio il caso della Croazia, neo promossa dalla Comunità Europea.
La Croazia viene candidata senza dover rendere conto in alcun modo della pulizia etnica dei serbi della Slavonia e delle Krajine, eventi completamente rimossi dalla memoria collettiva e di cui nessuno parla. Al contrario la candidatura della Serbia viene bocciata, mentre un'altra minoranza serba viene ridotta allo stremo dal governo albanese del Kosovo, dalla NATO (ancora presente in Kosovo con varie migliaia di militari) e dalla Comunità Europea stessa (presente con oltre 2000 funzionari, tra magistrati, polizia e dogane).
Nel frattempo la missione EU in Kosovo ha messo in pratica l'ennesima "pensata infelice" bloccando un convoglio di aiuti umanitari russi, destinati ai serbi del Kosovo, evento che ha scatenato una nuova ondata di proteste da parte delle minoranze serbe.
Sembra veramente che qualcuno si "ingegni" di proposito nel tentativo di "farci scappare il morto" e creare una crisi diplomatica mondiale.
Max
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I recenti tumulti verificatisi al confine tra Serbia e Kosovo sembrano avere una eco maggiore rispetto a quelle che sono le effettive conseguenze del singolo evento. Il 28 novembre al confine kosovaro, nei pressi di alcune barricate utilizzate come linee di confine territoriale, vi sono stati scontri tra i nazionalisti serbi e le forze del KFOR (Kosovo Force-nome del contingente militare NATO locale).
Tra i protagonisti della sparatoria non vi sono stati morti: sono stati feriti 25 soldati (23 austriaci e due tedeschi) mentre una decina di serbi è stata sottoposta a cure mediche. L’importanza dell’accaduto non risiede certamente nell’episodio in sé (visto l’esiguo numero di persone coinvolte e l’assenza di vittime) ma ha conseguenze ben maggiori da ricercare nella candidatura serba all’ingresso all’interno dell’Unione Europea.
Il Cancelliere tedesco Angela Merkel ha sottolineato come i recenti “confronti” tra soldati NATO e serbi ai confini, indichino che probabilmente Belgrado non è ancora pronta ad esser membro dell’Unione. «In the long term, we want not only Serbia but also Kosovo to join the EU […]. And that is why the only way Serbia can join the EU is through a normalization in its relation to Kosovo (Nel lungo periodo, noi vogliamo che non solo la Serbia ma anche il Kosovo entrino nella UE […]. E per questo l’unico modo in cui la Serbia può entrare a far parte della UE è attraverso la normalizzazione della sua relazione col Kosovo)»; questa dichiarazione non lascia spazio a dubbi; Pristina rincara la dose definendo gli aggressori del KFOR criminali ed esortando Belgrado a “non supportare questa struttura criminale”.
La Serbia non riconosce ancora (così come molti altri stati) la sovranità kosovara rivendicata nel 2008 e la forte presenza di popolazione serba all’interno della regione a sud del paese non favorisce di certo la tranquillità dei rapporti, nonostante le parole accomodanti del Presidente serbo Tedic: «immediately calm down the situation and ensure full freedom of movement exclusively through dialogue and without using violence (immediatamente placare la situazione e assicurare la piena libertà di movimento esclusivamente attraverso il dialogo e senza il ricorso alla violenza)».
Il giorno 9 dicembre ci sarà una riunione del Consiglio Europeo sulla questione jugoslava e sulla candidatura della Serbia come nuovo paese membro dell’Unione; questa data ha interessato anche i vertici della NATO che però, attraverso le parole del Segretario generale dell’Alleanza Atlantica Rasmussen, hanno precisato di “non voler immischiarsi negli affari della UE”. Il giorno 7 lo stesso segretario aveva però commentato gli eventi delle ultime settimane: «Credo che di ogni passo che possa migliorare la relazione tra i paesi nella regione e le strutture Euro-atlantiche, tra cui l'Unione europea e la Nato, beneficerebbe non solo la regione ma l'intera Europa».
Ad oggi la situazione al confine sembra nettamente migliorata: non vi sono stati altri episodi di violenza e soprattutto sono state rimosse ben tre delle quindicine barricate di confine e la rimozione non sembra conclusasi qui. Quanto la questione sia però sotto esame e non si tollereranno altri attacchi lo dimostra un comunicato stampa del giorno 8 del KFOR Press Office: «We reaffirm the preference of solving out standing issues through dialogue and talks […] attacks on KFOR soldiers are not acceptable (Noi ribadiamo la preferenza nel risolvere le questioni pendenti attraverso il dialogo e le parole. […] gli attacchi ai soldati del KFOR non sono accettabili)».
Articolo pubblicato su: www.levanteonline.net
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