Ancora una volta senza il dovuto risalto sui nostri media nazionali, il Kosovo si rivela per le contraddizioni che lo caratterizzano da sempre.
Negli ultimi giorni la popolazione kosovara di etnia albanese è scesa in piazza per la seconda volta in una settimana, per protestare contro l'arresto di eminenti membri dell'UCK, incriminati dalla Missione europea EULEX per crimini di guerra e criminalità organizzata. Sventolando slogan del tipo "EULEX go away" (EULEX vattene), alcune migliaia di manifestanti coordinati dalle varie associazioni dei "veterani UCK" e "invalidi UCK", hanno pubblicamente manifestato il loro dissenso per la gestione della giustizia operata da EULEX.
In questi fatti torna ad essere evidente il dualismo di vedute tra Comunità Internazionale e kosovari albanesi. In effetti è ancora evidente come la giustizia stenti ad affermare i suoi principi e come il Kosovo rimanga impermeabile ai requisiti di giustizia internazionali. Ancora oggi, come anni or sono, i criminali internazionalmente riconosciuti come tali, vengano al contrario identificati come eroi e "salvatori della patria" da parte degli stessi kosovari-albanesi.
Queste manifestazioni di protesta sembrano altresì catalizzare l'attenzione popolare, distogliendo lo sguardo dall'aspetto politico interno del Kosovo. Il nuovo governo capeggiato da Hashim Thaqi, scaturito da elezioni di dubbia validità, caratterizzate da brogli elettorali evidenziati dalla Commissione elettorale e dagli osservatori internazionali, sta affrontando l'ennesimo problema creato dal mancato rispetto delle regole costituzionali volute dai medesimi politici del Kosovo.
In questi giorni la Corte Costituzionale si dovrà pronunciare sulla legalità dell'elezione a Presidente della Repubblica di Bexhet Pacolli, ex leader del partito AKR, che sembra essere stato eletto da un numero insufficiente di parlamentari.
Ricordiamo che una decisione della Corte Costituzionale del 2008, dichiarò illegittimo il mantenimento del doppio incarico ricoperto dall'allora Presidente Fatmir Sejdiu (Presidente della Repubblica e leader del partito LDK).
Questa decisione, unitamente ai dissensi tra gli allora partiti di maggioranza PDK e LDK, porto ad una irreparabile crisi di governo, conclusasi con le elezioni anticipate del 2010.
L'aspetto politico descritto, benché di scarsa rilevanza per la maggior parte dei cittadini del Kosovo, è invece molto importante per la Comunità Internazionale che si trova ad avere come referenti, ancora una volta, un Presidente delegittimato dalla Coste Costituzionale, un parlamento la cui legalità è a dir poco dubbia per i brogli elettorali rilevati alle ultime elezioni e un governo altrettanto dubbio per il numero di componenti in odore di indagini da parte della Missione EULEX.
Per ultimo ma non meno importante è l'aspetto relativo al Nord del Kosovo. Come noto, in quest'area popolata quasi totalmente da kosovari di etnia serba, il governo di Pristina non è formalmente riconosciuto, tanto meno viene riconosciuta l'autorità delle missioni europee tra cui ICO ed EULEX.
Al contrario, istituzioni parallele detengono il potere con il riconoscimento implicito della popolazione, ma a loro volta non sono riconosciute dalla Comunità Internazionale. Per questi motivi la zona Nord del Kosovo si trova da anni in un vuoto istituzionale totale. Questo vuoto non favorisce lo sviluppo economico dell'area e soprattutto non permette di amministrare la giustizia in modo da creare i presupposti per una società credibile.
In definitiva ci troviamo davanti ad una situazione a dir poco paradossale.
La Comunità Europea che con le sue missioni investe risorse umane e milioni di Euro nello sviluppo del Kosovo (se pur con scarsi risultati), si trova ad essere:
- rifiutata dalla popolazione di etnia serba in quanto considerata presenza illegittima sul territorio;
- rinnegata da gran parte della popolazione di etnia albanese per l'evidente conflitto ideologico su eroi/criminali e criminali/salvatori-della-patria;
- si trova inoltre a non avere referenti politici attendibile perché in odore di illegalità o delegittimati dalle stesse istituzioni kosovare.
Ancora una volta traspare tutta la conflittualità di decisioni affrettate e scelte sbagliate da parte della comunità internazionale in relazione alla questione Kosovo.
Dopo oltre un decennio dall'arresto di Slobodan Milosevic e dalla cacciata della maggior parte dei kosovari di etnia serba (ad oggi circa 300.000 persone ancora esuli in altre località della Serbia); amministrato per anni e tutt'ora difeso da personale civile e truppe militari internazionali, il Kosovo stenta a diventare un paese credibile per il resto del mondo.