"Qui passo gli anni, abbandonato, oscuro, senz'amor, senza vita; ed aspro a forza tra lo stuol de' malevoli divengo: qui di pietà mi spoglio e di virtudi, e sprezzator degli uomini divengo..." (G. Leopardi)

lunedì 28 marzo 2011

Sembra essere tardi...


Oramai sembra quasi inutile parlare di Libya come è inutile parlare di Afghanistan ed Iraq. La contraddizione nelle parole dei leader mondiali è evidente. La rivolta in Libya sembra che sia stata fomentata da Sarkozy con accordi oramai datati, stipulati con i leader tribali che oggi sono i ribelli libici.

Obama che continua a dichiarare che la politica americana mira alla cacciata di Gheddafi senza peraltro pretendere di ucciderlo. Senza spiegarci il perché di questa manovra politica che sembra una impellente necessità americana, senza spiegare il motivo per cui il leader di un paese dovrebbe lasciare il proprio paese e senza smettere di bombardare la casa di Gheddafi, fatta oggetto di lancio di missili e raid aerei in svariate occasioni a partire dal 17 Marzo 2011. Per fortuna che non vogliono ucciderlo!

Altri paesi in preda a proteste e a rivolte interne, scaturite sulla scia della rivolta tunisina ed egiziana vengono completamente o quasi ignorati dall’opinione pubblica e dalle Nazioni Unite, mentre per la Libya c’è un’attenzione mediatica incredibile volta, almeno così risulta, ad affermare le ragioni di ribelli e mondo occidentale e volta soprattutto a screditare Gheddafi a cui non si da la possibilità di dire una sola parola.

E’ per altro sconcertante la leggerezza con cui si affronta il problema Libya nei nostri TG e trasmissioni di approfondimento, ma soprattutto a livello diplomatico nell’ambito della Comunità Europea. Tanti bei sorrisi da parte di conduttori televisivi mentre negli “ speciali” ci descrivono i bombardamenti. Tanti bei sorrisi mentre la Comunità Europea prende decisioni tardive di appoggio a ciò che autoritariamente USA e Francia hanno già fatto in Libya.

Sorrisi e bombardamenti non sono ovviamente coerenti. Non stanno bene insieme, non riesco proprio ad essere allegro vedendo il conduttore di turno che con un bel sorriso sulle labbra ci racconta di bombe che cadono sulla Libya. Per di più quella che convenzionalmente chiamiamo informazione non è tale da informare ma serve solo a convincere l’opinione pubblica coerentemente al modo politicamente corretto di pensare.

Imperativamente ci dobbiamo convincere tutti che il bombardamento della Libya era indispensabile e che lo abbiamo fatto per motivi umanitari. In TV e sui nostri giornali c’è sempre meno informazione e sempre più propaganda. Non propaganda politica di destra o di sinistra, ma una propaganda mirata a dire ciò che la gente vuole sentirsi dire. Una propaganda mirata al maggior numero di ascolti possibili e quindi indirizzata a seguire la moda, il comune desiderio di verità, che in questo memento vuole sentirsi dire brutte cose su Gheddafi e belle cose sui ribelli. Tutto il resto non conta.

La moda dell’informazione. Come è avvenuto per il Kosovo nel 1999, quando tutti i giornalisti parlavano male di Milosevic e bene dell’UCK e della NATO. A partire da qualche anno fa, a causa della moda in controtendenza, tutti stanno parlando male del nuovo regime di etnia albanese e spendendo parole buone e di rammarico per i serbi del Kosovo.

Per queste ragioni il giornalista più alla moda in questo momento è probabilmente Duilio Giammaria, inviato speciale della RAI che con la sua sciarpa al collo sotto la giacchetta marrone e la sua espressione sofferta, ci racconta le malefatte di Gheddafi e le gesta eroiche di NATO e ribelli.

Decisamente a mio avviso una informazione dove il 90% di ciò che ci viene propinato sono pure opinioni o congetture fatte del cronista, non si può dire una informazione attendibile. Diventa solo una varietà che un gran numero di spettatori implicitamente chiede che gli venga propinata. Un po’ come il “Grande Fratello” o “l’isola dei famosi”, un mondo fantastico a cui credere e in cui perdersi.

Si tratta solamente di una maschera che renda vere quelle semplici aspettative di chi non ha i mezzi per scavare più a fondo o non vuole approfondire la realtà delle cose, limitandosi ad una verità di superfice, semplice da capire e prevedibile.

In fin dei conti non solo l’italiano medio ma “l’essere umano medio” si riduce a questo. E’ un tipo che si crea una convinzione plausibile e relativamente semplice su fatti complessi. Gli basta che questa convinzione sia confermata dal TG di turno per crederci senza porsi domande che richiedono un dispendio eccessivo di energie.

Lo stesso principio di lavarsi la coscienza donando 10 euro l’anno alla Croce Rossa, all’UNICEF o alla FAO, senza domandarsi che cosa verrà fatto con quei soldi, auto-convincendosi che quei pochi spicci faranno la differenza nel risolvere la fame nel mondo e che vi hanno così contribuito.

Il semplice fatto di domandarsi come mai dopo secoli la fame nel mondo sia ancora un problema, nonostante tutte le volte che abbiamo donato 10 Euro, è una domanda troppo complicata. Non per la risposta che ne deriverebbe ma per il peso che questa risposta avrebbe sulle coscienze delle persone.

Intimamente non vogliamo sapere che decine di migliaia di persone muoiono di fame e di guerra nonostante i nostri 10 Euro di beneficienza. Non vogliamo sapere che, per avere il petrolio, sufficiente energia elettrica, benzina per le nostre auto, tutti i confort della nostra vita e il nostro benessere, è essenziale che in qualche altra parte del mondo qualcuno debba morire di fame o di guerra.

Per questo è inutile continuare a parlare di Libya. Parlandone alla luce della verità (non della verità mediata dai mass media ma dalla realtà dei fatti), la Libya ci ricade sulla coscienza come un macigno dal peso insormontabile. Parlare non basta, soprattutto se si parla a chi non ascolta o non vuole sentire.

Quando, alla fine di questa crisi, saremo riusciti a creare l’ennesimo Vietnam, l’ennesimo Kosovo o l’ennesimo Afghanistan, sarà troppo tardi anche per noi dire… “l’avevamo detto”.

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