Balcani, alta tensione in Kosovo - Corriere della Sera
UN GRUPPO DI GIOVANI DELLA MINORANZA SERBA HA DATO FUOCO A UN CHECK-POINT DI FRONTIERA
Redazione online
28 luglio 2011(ultima modifica: 29 luglio 2011 17:22)
UN GRUPPO DI GIOVANI DELLA MINORANZA SERBA HA DATO FUOCO A UN CHECK-POINT DI FRONTIERA
Resta tesa la situazione nel Nord del Kosovo dove mercoledì sera un gruppo di giovani della minoranza serba ha dato alle fiamme il punto di confine con la Serbia di Jarinje. I disordini sono scoppiati in ritorsione allo stanziamento da parte del governo di Pristina di agenti di polizia e doganieri albanesi in questa parte di territorio, roccaforte dei serbi, rimasto a fedele a Belgrado nonostante la dichiarazione di indipendenza del 2008. Al momento, il check point distrutto è passato sotto l'esclusivo controllo delle truppe della missione Nato, Kfor, come da accordo raggiunto nella notte con i rappresentanti del governo serbo sul posto. Il gruppo di alcune decine di giovani serbi che a volto coperto ha provocato gli incidenti al check point, si è scagliato anche su una vicina base della Kfor, lanciando bombe molotov e sparando colpi di arma da fuoco, costringendo i militari a rispondere con colpi in aria. Fatta eccezione per due operatori dell'agenzia serba Tanjug che sono stati aggrediti dai teppisti, non risultano altri feriti. «Gli estremisti e gli hooligans agiscono contro gli interessi dei cittadini serbi e della Serbia» ha ammonito il presidente della Repubblica serbo, Boris Tadic. I gravi incidenti di mercoledì sera sono arrivati dopo tre giorni di forti tensioni seguita alla decisione di Pristina di inviare le unità speciali di polizia nei territori serbi per rafforzare l'embargo imposto la scorsa settimana alle merci serbe, come ritorsione a quello che Belgrado applica ai beni kosovari dall'indipendenza del 2008. Il Consiglio di sicurezza dell'Onu si riunirà giovedì «a porte chiuse» sulla nuova emergenza in Kosovo, secondo quanto informano i media locali.
LA CONDANNA - Ed è subito arrivata la ferma condanna da parte dell'alto rappresentante della politica estera dell'Ue, Catherine Ashton, che ha parlato di «violenze inaccettabili» e ha detto di aver parlato al telefono con il presidente serbo, Boris Tadic - il quale ha prontamente condannato l'accaduto - e e con il premier kosovaro, Hashim Thaci, invitandoli a tornare al dialogo. Già nel 2008 lo stesso valico di Jarinje era stato dato alle fiamme, due giorni dopo la dichiarazione d'indipendenza del Kosovo. Le fiamme ora invece hanno costretto all'evacuazione anche un campo di militari del Kfor: è stata vista uscire una colonna di 20 mezzi e i soldati dovrebbero essere tutti polacchi. Poi tafferugli sono scoppiati fra gli estremisti serbo-kosovari e i militari Kfor, che in un comunicato hanno detto di essere stati anche bersagliati con colpi d'arma da fuoco. Poco dopo si è diffusa la notizia che era stato dato alle fiamme anche il secondo valico, a Brnjak, che però è stato smentito poco dopo da Belgrado e anche da un portavoce di Eulex, la missione civile dell'Unione europea. Il presidente Tadic ha subito stigmatizzato l'accaduto e invitato la minoranza serba del Kosovo a mettere un freno alle violenze. «Gli hooligans - ha detto - non fanno gli interessi né dei serbi del Kosovo né della Serbia». L'incendio, secondo il capo del team negoziale di Belgrado con Pristina, Borislav Stefanovic, è un «atto criminale commesso quando eravamo molto vicini a una soluzione, un colpo alle speranze dei serbi del Nord del Kosovo».
Redazione online
28 luglio 2011(ultima modifica: 29 luglio 2011 17:22)
From: www.corriere.it/esteri
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Solo un breve commento all'articolo riportato sopra che è solo uno dei tanti che parlano delle nuove tensioni in Kosovo. Un commento che sembra superfluo per quanto scontato...
Ancora una volta tante conferme e cose dette decine di volte che diventano realtà con la solita sorpresa di tutti.
Non fa sicuramente piacere a chi paga le tasse, sapere che i soldi spesi dal 1999 fino ad oggi per risolvere la questione del Kosovo non sono serviti a nulla, anzi in parte sono stati spesi male.
Da sempre, tutti noi sappiamo che in Kosovo vivono popolazioni etniche di minoranza rispetto alla maggioranza kosovara-albanese. In particolare il Nord del Kosovo è popolato per la quasi totalità da kosovari-serbi.
E' noto a tutto il mondo, dall'ONU alla Comunità Europea che i serbi del Nord del Kosovo non riconoscono l'indipendenza del Kosovo, non riconoscono l'autorità di Pristina capitale e soprattutto non riconoscono l'Autorità del Primo Ministro Hashim Thaqi, che a suo tempo, quando era un Comandante dell'UCK, di serbi ne ha uccisi parecchi, magari pochi in guerra, ma rimane aperta la storia del traffico di organi che lo vede coinvolto.
Il Nord si autogestisce tramite istituzioni parallele in sostituzioni di quelle albanesi di Pristina e non vuole avere nulla a che fare con le decisioni pazzoidi delle Nazioni Unite e della Comunità Europea che in estrema sintesi, per far contenti gli Stati Uniti, vorrebbero che la minoranza del nord rinunciasse alla propria autodeterminazione e si facesse amministrare da un governo che della discriminazione etnica sta facendo la sua bandiera.
Al Nord del Kosovo ci sono anche gruppi criminali organizzati che operano liberamente grazie alla vacanza istituzionale. Questo fatto non dovrebbe essere una scusa per avallare decisioni del governo di Pristina di mandare i reparti speciali kosovari-albanesi al Nord. I gruppi criminali organizzati che operano in tutto il resto del Kosovo operano da anni e ne fanno parte anche politici e personaggi di spicco del Kosovo albanese, senza che nessuno riesca a fermarli.
La criminalità organizzata va combattuta anche al Nord del Kosovo, ma prima è meglio risolvere la questione politica e dopo implementare misure di contrasto alla criminalità con mezzi validi e la cui autorità sia legalmente riconosciuta e non con un apparato che rimane in piedi solo grazie alla decennale e massiccia presenza di truppe guidate dalla NATO.
La decisione del premier Hashim Thaqi di intervenire nel Nord del Kosovo, proprio dopo la riapertura del dialogo tra Belgrado e Pristina, proprio durante i negoziati, è una decisione sbagliata sotto tutti i punti di vista:
- politicamente sbagliata e che dovrebbe essere condannata dalle diplomazie di tutti i paesi attenti, perché si tratta di forzare la mano su situazioni in discussione, per acquisire peso al tavolo delle trattative. Inoltre, visto che c'è e che lo paghiamo tutti, il rappresentante dell'EU, Peter Faith, rappresentante speciale a Pristina, anche se non vuole eseguire gli incarichi previsti per la sua figura dal Piano Athisaari di decidere in ultima istanza sulle decisioni dei governanti del Kosovo, dovrebbe almeno prendersi la briga di dare qualche consiglio a questi governanti, sconsigliando interventi maldestri e fuori luogo come quello del 27 Luglio.
- umanamente sbagliata poiché, come in effetti è successo, qualcuno ci rimette la vita per motivi futili e in scontri che potevano essere evitati anziché fomentati.
- tatticamente sbagliata, visto che l'ennesimo intervento di Pristina al Nord del Kosovo, ha dimostrato la solita disorganizzazione, scarsa capacità tattica e la debolezza dell'apparato sia militare che di polizia di NATO e Repubblica del Kosovo. Per EULEX, l'evento del 27 Luglio ha dimostrato ancora una volta il peso che la missione ha per i governanti del Kosovo. Infatti l'intervento al Nord si è svolto senza che EULEX ne sapesse niente e con le "solite bocche aperte denotanti sorpresa" di sempre.
Fatti del genere, nei paesi normali, civili o comunque legittimi, portano alle dimissioni del governo o a riconoscere le responsabilità oggettive di chi prende decisioni tanto infelici che portano solo nuovi problemi e a altri morti.
In Kosovo di dimissioni del governo o del premier non se ne parla neppure, altrimenti gli Stati Uniti a chi farebbero riferimento, se non a Thaqi, per mantenere il loro apparato militare nei Balcani?
Dopo gli scontri del 27 Luglio 2011, è arrivata puntuale la solita ferma condanna della Comunità Europea, tramite la Sig.ra Catherine Ashton, realtiva ai fatti accaduti facendo riferimento a "violenze inaccettabili".
A nostro parere le violenze inaccettabili sono anche quelle che da oltre 10 anni cercano di soggiogare la popolazione del Nord del Kosovo ad una autorità che non riconosce, creata dalla così detta comunità internazionale senza chiedere ai diretti interessati e che paradossalmente non è riconosciuta dalla maggior parte degli Stati membri delle Nazioni Unite.
Riconosciamo una volta per tutte lo sbaglio fatto... diamo la possibilità a oltre 200.000 mila profughi serbi del Kosovo di tornare a casa, diamo la possibilità al popolo kosovaro-serbo del Nord di autodeterminarsi e scegliere da solo da chi farsi governare, smettiamo di sperperare milioni di Euro per mantenere contingenti militari a protezione di uno stato creato artificiosamente aggirando il Diritto Internazionale e che non tende né a migliorare la propria condizione, né a collaborare a pieno con la Comunità Internazionale.
Senza generalizzare, occorrerebbe comunque mantenere una presenza NATO in Kosovo, ovvero quella necessaria alla protezione dei Monasteri Serbo-ortodossi, che altrimenti verrebbero rasi al suolo dalla furia e dall'ignoranza di qualche facinoroso kosovaro-albanese-musulmano come già tristemente accaduto nel 2004.
Max