Il problema della Somalia non sono solo i terroristi islamici di Al-Shabaab che controllano parte del territorio e della capitale Mogadiscio, ma le conseguenze che hanno gli scontri tra il Governo Federale Transitorio e i terroristi islamici. Infatti questa vera e propria guerra che impedisce al Governo Transitorio di governare effettivamente, lascia libertà ai vari gruppi di pirati di agire indisturbati dalle loro basi somale.
Secondo diversi osservatori e operatori del settore, i principali gruppi di pirati oggi conosciuti sarebbero 7. Questi avrebbero a disposizione circa 1500 persone, tra le cui anche bambini-pirati, come recentemente riferito dalle Nazioni Unite.
Questo manipolo di criminali terrebbe in scacco tutte le forze internazionali impegnati nelle varie missioni anti-pirateria operanti nell'Oceano Indiano.
Infatti il fenomeno della pirateria che, fino ad alcuni anni fa, era principalmente localizzato a largo delle coste somale, adesso sarebbe esteso a tutta la costa orientale dell'Africa, dalla Somalia alla Tanzania, dal Mozambico fino al Sud Africa e limitato non solo ad aree costiere ma anche a largo incluso l'arcipelago delle Seychelles.
Le missioni operanti tra cui "Atalanta" della Comunità Europea, "Ocean Shield" della NATO, oltre a un numero impressionante di paesi che operano individualmente al fine di proteggere i propri mercantili, tra cui Iran, Corea del Sud, India, Australia, Giappone, Russia, Stati Uniti e Italia, oltre a numerosi altri paesi europei, presentano evidentemente dei problemi che ne limitano l'efficacia.
L'intervento internazionale che è stato efficiente in passato, adesso dimostra una scarsa efficacia con l'allargarsi del fenomeno ad una porzione di mare piu' grande come quella attualmente coinvolta nel fenomeno.
Ho raccolto da alcune fonti disponibili sul web, delle cifre impressionanti sui proventi dei pirati. Le navi e gli equipaggi sequestrati, avrebbero fruttato ai pirati ben 55 milioni di dollari nel 2008, per salire a circa il doppio nel 2010, con una tendenza ad aumentare nell'anno corrente tenendo conto del trend nel primo mese dell'anno.
110 milioni di dollari !! Queste sono le cifre del 2010, pagati in riscatti per navi ed equipaggi, da numerosissimi governi e armatori. Cifre da mettere in crisi il settore della navigazione marittima per molte compagnie. A queste cifre si aggiungono le risorse economiche necessarie al mantenimento di missioni, collettive e/o individuali, volte a garantire la sicurezza marittima nell'Oceano Indiano.
Il business dei pirati, indisturbato in Somalia dove la mancanza di una autorità legale effettiva, favorisce un ambiente sicuro per le associazioni criminali dedite al pirataggio, si starebbe espandendo anche ad altri paesi dove i pirati "investirebbero" o meglio riciclerebbero i proventi. Tra questi paesi ci sarebbero gli Emirati Arabi e la stessa Europa.
Merita citare anche il ruolo fondamentale del Kenya nel business della pirateria, infatti la maggior parte delle trattative per il rilascio degli ostaggi e il pagamento dei riscatti avverrebbe proprio in Kenya.
Le stesse fonti sul web citando dati del BMI (Bureau Maritime International), riportando gli impressionanti numeri dei sequestri. Nonostante le missioni operative nell'Oceano Indiano, nel 2010 sarebbero caduti in mano ai pirati 1181 marittimi, equipaggi di ben 53 navi di varie nazionalità. Di questi alla fine del 2010, risultavano ancora in mano ai pirati 28 navi e 638 persone. Mentre altre tre navi sarebbero cadute nelle mani dei pirati dal 1' Gennaio al 24 Gennaio 2011.
I numeri sono da capogiro, soprattutto pensando che 8 membri di equipaggi sequestrati hanno perso la vita durante i sequestri ed il danno arrecato all'economia mondiale dal fenomeno della pirateria, sarebbe stimato tra i 7 e 12 miliardi di dollari all'anno.
Con questi numeri, per me impressionanti, viene da chiedersi se le contromisure messe in campo dalla comunità internazionale (sia individualmente che collettivamente), siano efficaci. A giudicare dai risultati sembra di no.
Inoltre viene anche da chiedersi se un coordinamento internazionale di maggior livello, volto a dirigere gli sforzi individuali in piani collettivi per la sicurezza del mare, possa aumentare i risultati nella lotta alla pirateria, o almeno diminuire i costi di finanziamento del dispositivo di sicurezza attualmente in atto.
Fermo restando che la prima mossa da fare, a mio avviso, sarebbe un intervento concreto al fine di risolvere una volta per tutte la mancanza di autorità sul territorio della Somalia che oramai da anni, vive in quel "limbo istituzionale", che tipicamente si crea in conseguenza agli interventi delle Nazioni Unite.
Il grande limite delle Nazioni Unite è infatti, sempre a mio parere, quello di "congelare" conflitti che così facendo non si risolvono mai, o lasciarli perennemente confinati in aree piu' strette possibile, lontano dai media e dall'attenzione dell'opinione pubblica internazionale.
Tutto ciò senza mai prendere una decisione volta a far terminare i conflitti risolvendo i problemi alla radice...
Ancora una volta..... Speriamo bene....