In alcuni articoli apparsi su vari quotidiani il 21 Gennaio 2011, Anders Fogh Rasmussen, segretario generale della NATO, avrebbe dichiarato al Koha Ditore, principale quotidiano del Kosovo, che la divisione del Kosovo non è una opzione al vaglio della comunità internazionale e che la NATO, nonostante le progressive diminuzioni di organico, rimane il principale garante della pace nell'area.
Ovviamente Rasmussen si riferisce alla possibilità di una secessione del Nord del Kosovo, popolato nella quasi totalità da kosovari di etnia serba, dal resto del paese a stragrande maggioranza etnica albanese.
Ci sarebbe da domandarsi perché Il segretario generale di una Organizazione Regionale, militare chiamata NATO, che racchiude in un patto di difesa comune gli stati dell'alleanza atlantica, esclude categoricamente una opzione come la scissione del Nord del Kosovo.
A che titolo Rasmussen fa questo tipo di affermazioni visto che si tratta di una questione politica tra Stati (tra l'altro non membri dell'alleanza atlantica), e soprattutto una questione civile e non militare (quindi non riguardante la NATO).
Con questo tipo di dichiarazioni, Rasmussen e l'organizzazione che rappresenta, si intromette in questioni prettamente politiche e civili, ostacolando fermamente e precludendo il diritto di un popolo ad autodeterminarsi, contro i principi sanciti dalle Nazioni Unite.
Che interesse ha la NATO a mantenere insieme uno stato non completamente riconosciuto a livello internazionale, la cui indipendenza è subordinata ad una supervisione internazionale, disomogeneo al suo interno, dai confini non completamente definiti e governato da personaggi a dir poco dubbi e poco affidabili?
Il Kosovo si è autoproclamato indipendente dalla Serbia nel 2008. Da allora tutta la comunità internazionale sta cercando di dare un senso e una ragione di essere a questo nuovo stato che ad oggi, ha avuto circa 70 riconoscimenti internazionali in tutto il mondo ed è stato riconosciuto solo da 22 membri della Comunità Europea su 27.
Accettata l'indipendenza del Kosovo contrariamente a quanto sancito dagli accordi post bellici, successivi alla Seconda Guerra Mondiale, accettando il fatto che l'indipendenza del Kosovo si basa sull'autodeterminazione della maggioranza di etnia albanese, perché si dovrebbe escludere l'autodeterminazione di un'area a maggioranza serba?
Su un aspetto Rasmussen ha in parte ragione: la NATO garantisce la pace nella regione.
Io aggiungerei che la pace è garantita da un superiore potenziale bellico della NATO rispetto al legittimo proprietario del territorio kosovaro, ovvero la Serbia.
Battersi contro le truppe alleate sarebbe come mettersi contro tutto il mondo occidentale, specialmente adesso che la Serbia sta negoziando il suo ingresso nella Comunità Europea.
Conseguentemente la pace è garantita, si.......ma da una minacciosa presenza militare.
Secondo me la pace è garantita soprattutto dal fatto che una nuova guerra in Kosovo sarebbe anacronistica. La Serbia ha fatto passi da gigante nella diplomazia e nel dialogo, nel tentativo di affermare i propri diritti a livello internazionale, relativamente alla regione del Kosovo e cercando di raggiungere gli standard per l'ingresso in Europa.
La pur ridimensionata ma consistente e costosa presenza NATO in Kosovo, a quasi 11 anni dalla fine del conflitto, non ha più ragione di essere se non per proteggere le minoranze delle enclavi serbe e i monumenti patrimonio dell'UNESCO, minacciati anch'essi da irriducibili criminali di etnia albanese.
Inoltre rimane ancora aperta la questione degli oltre 200.000 esuli serbi originari del Kosovo, costretti a fuggire da Pristina e altre zone del Kosovo nel 1999, a causa delle rappresaglie dell'UCK (favorito proprio dai bombardamenti NATO), e tutt'ora rifugiati in altre zone della Serbia in attesa di poter tornare alle loro case.
Ebbene... né l'UNHCR (deputato principale a questo scopo) né la forza militare della NATO, sono riusciti in 11 anni, a garantire un diritto fondamentale a queste 200.000 persone, ovvero tornare a casa.
Complimenti.........
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