"Qui passo gli anni, abbandonato, oscuro, senz'amor, senza vita; ed aspro a forza tra lo stuol de' malevoli divengo: qui di pietà mi spoglio e di virtudi, e sprezzator degli uomini divengo..." (G. Leopardi)

lunedì 1 agosto 2011

SOMALIA - Un quarto della popolazione somala è sfollato

Non solo gli articoli che seguono disegnano un quadro inaccettabile, ci sono notizie che arrivano da una infinità di fonti. Addirittura negli ultimi tempi ne parlano anche nei mass media italiani.

La situazione nel Corno d'Africa è assolutamente insostenibile. Un quarto della popolazione della Somalia che è costretta ad andarsene dalle proprie case, gran parte si reca a Mogadiscio dove deve affrontare i pericoli delle battaglie tra Governo Transitorio e terroristi islamici pur di procacciarsi acqua e cibo.

Non si può fare finta di niente! Non si può solo pensare che sono situazioni lontane da noi e che in fin dei conti sono sempre avvenute anche in passato. Un quarto della popolazione significa centinaia di migliaia di uomini e soprattutto donne e bambini!

La settimana scorsa avevamo riportato una notizia che citava la FAO. 
La FAO ha tenuto una riunione di emergenza per affrontare la crisi... Quale emergenza? Da mesi siamo al corrente della siccità, dei combattimenti, degli sfollati che tentano di raggiungere Mogadiscio o nella migliore delle ipotesi di raggiungere i campi profughi in Kenya... Quale emergenza? L'emergenza va avanti da mesi, non è possibile che la FAO si sia svegliata soltanto adesso. 

La FAO come altre organizzazioni delle Nazioni Unite sono gli organi preposti a far fronte a questa e altre situazioni umanitarie dove la gente muore di fame, muore di sete e muore di stenti.
Perché questi meccanismi si muovono sempre in ritardo e sempre in maniera insufficiente a far fronte al problema? 

Chiedere "perché"... mi sembra più che lecito visto che queste Organizzazioni Internazionali sono pagate con i soldi di tutti gli stati membri dell'ONU.

E' ora che chi di dovere si occupi di chiedere spiegazioni. E' ora che il meccanismo elefantiaco di queste organizzazioni sia rivisto, snellito e reso efficace. Soprattutto è ora che a gestire queste organizzazioni umanitarie sia qualcuno che disinteressatamente si occupi dei bisognosi e non solo dell'auto sostentamento dell'Organizzazione in quanto tale.

La FAO in quanto tale non serve a nulla se non a spendere soldi. Andrebbe iniziato un processo di riorganizzazione e le organizzazioni di questo tipo andrebbero ricondotte al loro scopo originario di provvedere alle popolazioni bisognose. 

Così per la FAO e così per tutte le altre Agenzie e Organizzazioni create a loro tempo al medesimo scopo. 
L'emergenza, se affrontata tempestivamente può essere gestita, soprattutto se l'emergenza può essere prevista come nel caso della Somalia.

Aspettare che l'emergenza raggiunga il momento culminante non facilita alcun tipo di operazione e costa molte vite umane. 

Per finire ci sono poche parole da dire sull'aspetto mediatico della FAO e di altre organizzazioni simili in ambito ONU: 
le notizie che arrivano sui media riguardano la FAO che si riunisce per far fronte all'emergenza, le solite facce sorridenti che rassicurano il mondo dicendo che stanno già facendo "tutto il possibile".

Se "tutto il possibile" si limita ai risultati osservabili sul campo, sarebbe meglio risparmiare i soldi che ci costa la FAO e inoltre, non c'è proprio nessun motivo per apparire con tanti sorrisi sulle labbra quando si parla di gente che muore... non c'è proprio niente da ridere o da stare allegri. 
Ci sarebbe bensì da piangere e soprattutto da prendersi le proprie responsabilità, valutare ciò che è stato fatto e cosa poteva essere fatto "correndo" un pò di più e sorridendo un pò di meno.
Max
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Mogadiscio (Agenzia Fides)- "Nel centro-sud della Somalia l'esigenza primaria è l'accesso immediato al cibo. Le persone colpite dalla siccità hanno urgente necessità di acqua potabile, servizi igienici, assistenza sanitaria, protezione, riparo e sostentamento" afferma il primo Situation report inviato all'Agenzia Fides da Caritas Somalia. "Il Programma Alimentare Mondiale (PAM) e un certo numero di agenzie umanitarie sono stati espulsi dalla maggior parte del centro-sud della Somalia negli ultimi due anni. Questo ha lasciato un vuoto enorme in termini di fornitura di cibo" ricorda Caritas Somalia.
Secondo l'organizzazione cattolica "gli Shabab stanno permettendo a diverse ONG di fornire assistenza umanitaria in alcune delle aree sotto il suo controllo nella zona centro-meridionale della Somalia. Tre queste organizzazioni vi sono CICR (Comitato Internazionale della Croce Rossa), Kuwait Direct Aid and Muslim Aid".
Il report descrive una situazione umanitaria estremamente drammatica: "La ricerca di cibo e assistenza ha provocato un massiccio spostamento di popolazione, con la migrazione dei pastori e dei contadini poveri, sia all'interno della Somalia centro-meridionale sia in Kenya ed Etiopia. Un quarto della popolazione della Somalia è sfollato, percorrendo grandi distanze a piedi, a dorso di mulo o impiegando i loro ultimi risparmi per ottenere un passaggio su camion sovraffollati. Le famiglie in fuga dalle aree colpite dalla siccità sono costrette ad abbandonare gli anziani, i malati, i bambini più deboli e le donne incinte. Spesso devono lasciarsi alle spalle i corpi dei loro cari lungo la strada. Coloro che riescano a giungere a destinazione, arrivano in condizioni spaventose: esausti, malnutriti e in preda a malattie, come malaria e morbillo. Molti di loro sono stati attaccati da banditi armati, sottoposti a ogni forma di violenza e depredati dei loro miseri averi".
"Data la sensibilità e i rischi associati nella fornitura di aiuti umanitari in Somalia"- afferma il comunicato -le comunicazioni circa gli interventi in programma devono essere limitate al minimo indispensabile". "Caritas Somalia sta attualmente sostenendo i partner locali che assistono le famiglie sfollate nei centri maggiori, con l'invio di cibo, medicine, alimentazione terapeutica e tende".
Caritas Somalia sta coordinando gli aiuti che giungono dalle Caritas di tutto il mondo e da altre organizzazioni per aiutare le popolazioni in Somalia e gli sfollati somali in Kenya e in Etiopia. (L.M.) (Agenzia Fides 1/8/2011)




Nairobi (Agenzia Fides)- La drammatica carestia che sta investendo i Paesi del Corno d’Africa (Somalia, Etiopia, Eritrea, Gibuti e Kenya) ha mobilitato diverse organizzazioni umanitarie. Tra queste vi sono le Caritas di tutto il mondo. La situazione più drammatica è quella dei somali che fuggono la carestia e la guerra che imperversa nel loro Paese. I due maggiori campi di accoglienza dei profughi somali sono Dadaab, in Kenya, e Dollo Ado, in Etiopia.
L’Agenzia Fides ha raggiunto telefonicamente Suzanna Tkalec, del Catholic Relief Services (CRS), che assiste Sua Ecc. Mons. Giorgio Bertin, Vescovo di Gibuti e Amministratore Apostolico di Mogadiscio, in qualità di Presidente di Caritas Somalia, nel gestire l’emergenza profughi somali (vedi Fides 26/7/2011).
“Stiamo operando a Dadaab, il campo profughi che si trova in Kenya ad 80 chilometri dal confine con la Somalia” dice a Fides la signora Tkalec. “In questo campo arrivano in media 2.500 persone al giorno, l’80% delle quali sono madri con bambini piccoli”. “Più che di un unico campo profughi a Dadaab vi è un agglomerato di diversi campi” precisa la responsabile del CRS. “In queste strutture forniamo, assistenza sanitaria, acqua e cibo”
Per quanto riguarda la Somalia la signora Tkalec ricorda che “per motivi di sicurezza è stato deciso di non pubblicizzare le attività delle organizzazioni umanitarie che operano in Somalia”. “Quello che si può dire è che le diverse Caritas inviano aiuti in Somalia tramite alcuni partner locali”.
La siccità colpisce anche le popolazioni di Kenya ed Etiopia. “In Kenya- dice la responsabile del CRS- diverse Caritas nazionali da anni lavorano con le diocesi e le Caritas locali in progetti di assistenza. Queste organizzazioni hanno subito avviato con i loro partner locali dei programmi per affrontare l’emergenza siccità, soprattutto per fornire acqua e cibo” (L.M.) (Agenzia Fides 30/7/2011)


The two articles are from: www.fides.org

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