Si dice che ogni popolo, non ogni singolo individuo, ma ogni popolo inteso come comunità, si ritrovi ad essere governato dal governo che si merita.
La Serbia ha scelto... ha scelto di cambiare, ha scelto di non subire più, passivamente le imposizioni e i progetti di divisione... senza senso della Comunità Europea, imposti da politiche bellicose della NATO e strategiche di difesa degli Stati Uniti.
La Serbia ha scelto di dire la sua nel dialogo con l'Europa Unita, ha scelto, coerentemente, di mantenere aperti quei contatti storici con Russia e Cina.
Se ci stacchiamo dal quel concetto di buoni e cattivi imposto dai media, in cui tutti quelli che non la pensano come gli Stati Uniti sono i cattivi, la Serbia ci potrebbe insegnare che il dialogo multilaterale può esistere e non tutti quelli che hanno un'idea diversa dalle nostre sono necessariamente nel torto.
Nokolic, il neo presidente serbo, erede del nazionalismo di Milosevic, è il nuovo interlocutore tra la Serbia e l'Europa, tra la Serbia e la Russia e con tutti gli altri paesi coinvolti nella risoluzione della questione balcanica e l'indipendenza unilaterale del Kosovo.
Da quanto dichiarato dallo stesso neo Presidente, la Serbia tenterà di continuare il dialogo con la Comunità Europea ma non rinuncerà mai ad una parte del proprio territorio.
Non rinnegherà quindi quei suoi cittadini che vivono nel Kosovo e che da anni subiscono una situazione di discriminazione, di oppressione e costretti ad accettare il governo di Pristina senza nessuna possibilità di scelta.
Nikolic ha inoltre dichiarato che la Serbia non entrerà mai a far parte della NATO. Alla fine perché dovrebbe? Per non essere nuovamente bombardata?
In fin dei conti a cosa potrebbe servire la NATO alla Serbia? Sicuramente non a difendere la Serbia dalla Russia, forse solo a difendere la Serbia dalla NATO stessa.
La Serbia di Nikolic rappresenta un passo avanti nel riportare il dialogo internazionale su progetti e prospettive concreti. Non più un nazionalismo estremo e neppure un soggetto passivo nel dialogo internazionale, bensì uno stato capace di rivendicare i propri diritti di indipendenza e di uscire dal ruolo dello "Stato-vittima sacrificale" della "strategia di difesa" della NATO e degli Stati Uniti.
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